Il problema quando si affronta una storia in cui Batman e Superman devono dividersi la scena, è che i due personaggi definiscono già con la loro presenza generi differenti, ovvero il noir e il fantasy / sci-fi. C’è quindi la necessità di edificare a forza di idee un territorio comune, un senso condiviso, in cui un miliardario mascherato e un alieno onnipotente possano non solo coesistere, ma addirittura lottare uno contro l’altro. La prima buona notizia del film di Zack Snyder è che questo territorio esiste, è stato trovato.
Nel Ritorno del cavaliere oscuro di Frank Miller, che è una delle fonti di ispirazione principali (e tradite) del film, Batman è un giustiziere reazionario che ripudia però l’uso delle armi, e Superman un servo di quel Sistema che Bruce Wayne disprezza. Il primo rifiuta l’autorità semi-divina, non giustificata, del secondo; e il secondo vuole contenere la spinta anarchica del primo. Nel film di Snyder il conflitto è simile e diverso, Batman è (anche) un assassino di criminali, addirittura li deturpa con un marchio a fuoco, e Superman non è affatto integrato al potere, anzi deve recarsi in Campidoglio e affrontare un processo pubblico in una delle scene più riuscite del film, quella in cui “l’uomo che vola in un costume rosso” deve convivere – prima di tutto iconograficamente – con il contesto istituzionale che lo rende concreto.
Il conflitto di Batman v Superman più che politico è allora tra umano e super-umano: Bruce Wayne rivendica di fronte all’alieno di Krypton, ad esempio con la battuta-chiave “Tu sanguini?”, le qualità minuscole, bilogiche e morali, della sua specie, di fronte a un’altra che sembra ragionare solo per assoluti, per spazi infiniti e scelte enormi.
Il cavaliere oscuro
Dal lavoro di Miller provengono in pratica tutte le cose più riuscite del film, che sono poi quelle che fanno riferimento all’uomo-pipistrello. Il Batman di Affleck è grosso e incazzato, più largo che lungo (il fisico di Affleck è spaventoso, e lo sfoggia tutto in una scena di allenamento muscolare tipo-Rocky divertente e un po’ fuori contesto), e nei conflitti corpo a corpo, che sono tra le cose meglio girate e montate in assoluto, si sposta con una velocità enorme, una massa di carne, rabbia e volontà che spazza via le bande di delinquenti con una forza caotica di grande impatto scenico. Questo Batman scontento, grigio e violento, sfugge però alla portata filosofica dell’originale a fumetti per eccesso e per difetto: l’eccesso è come detto nel marchio e negli omicidi, il difetto è nel contesto, nel senso che la storia del film non è mai la storia di Gotham, ma sempre quella di Metropolis, è cioè la storia di Superman e di Lex Luthor, la storia di un dio e un terrorista, in un calderone di simbolismi religiosi e politici – anche di stretta attualità purtroppo – che convivono a fatica.
Luthor e Doomsday
Ecco allora che se da una parte si riesce a rendere possibile lo scontro tra Batman e Superman riciclando certe intuizioni di Miller, poi si perde il filo per necessità che sono molto poco narrative e invece molto industriali, ovvero la volontà della Warner di fondare un universo cinematico stile-Marvel in cui far muovere una pletora di superuomini in costume. Ed è qui che il noir e il fantasy smettono di resistere in un corpo unico, nei primi indizi dei futuri rappresentanti della Justice League (Acquaman, Flash…), e in un cattivo – Lex Luthor – che pesa sull’equilibrio delicato dei due protagonisti. Senza contare che Eisenberg recita troppe spanne sopra le righe, manca di carisma, ed è servito in modo mediocre da dialoghi contradditori e disordinati (in pratica Luthor sembra il Joker).
La domanda resta: è possibile far convivere lo scontro del titolo e quello tra Doomsday (la cui genesi è quanto meno confusa) e Superman, e in più introdurre Wonder Woman e tutta la Justice League, senza ricorrere a un minutaggio eccessivo e a un coacervo di suggestioni incoerenti? Forse no, e allo script avrebbero giovato meno sottotrame nella prima parte, e combattimenti più brevi nella seconda.
Wonder Woman
Detto questo, almeno fino all’epilogo della scazzottata tra Batman e Superman, che dopo alcuni momenti fantastici (il lavandino divelto) si risolve per una coincidenza davvero risibile che non spoileriamo (forse il punto più basso di tutta l’opera di Goyer sceneggiatore), la costruzione iconografica è impressionante, anche quando l’edificio narrativo non sta in piedi. E parliamo già di due ore di film.
Di lì in poi la fatica per lo spettatore si impenna, le incongruenze cominciano a essere troppe, ed è una fortuna che intervenga Wonder Woman, che non solo ha la faccia e il costume giusto, ma letteralmente porta una musica diversa nel film. Se infatti fin lì abbiamo assistito a un dramma apocalittico, cupo, e agli antipodi delle commedie della Marvel, l’eroina con il busto rosso garantisce una nota rock e femminista, delle gustose e inedite schitarrate in colonna sonora, e un’energia meno grave all’azione, tanto che Bats e Superman si permettono perfino una gag…
In conclusione
Il film è destinato a dividere.
I puristi dei comics rischiano di rimanere molto delusi, e a far le pulci alla sceneggiatura non si finisce più. Ma questo Batman è senza precedenti, Wonder Woman azzeccata, e molte sequenze d’azione non si dimenticano. Lo scontro nudo e crudo che dà titolo al film, quando accade, funziona.
Vogliamo adesso far dirigere questo Batman ad Affleck con qualche ambizione “colossale” in meno e una durata sensata? Potrebbe diventare il cinecomic migliore di sempre.
PS: cercate di vedere il film in 2D: la tridimensionalità, con questo tipo di regia (molta camera a mano alla ricerca di un effetto paradossalmente documentario, una messa in scena frenetica degli scontri), questo iperrealismo dell’impossibile, rischia solo di farvi venire il mal di testa.
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