Harlan Thrombey (Christopher Plummer), agiato romanziere, autore di gialli di grande successo che l’hanno reso un mostro sacro del genere, viene trovato morto in circostanze misteriose nella sua proprietà la mattina dopo la festa per il suo ottantacinquesimo compleanno. Il celebre detective Benoit Blanc (Daniel Craig), uomo di straordinario intuito e carisma, è incaricato del caso e sospetta si tratti di un omicidio. Ma non tutto è come sembra…
Rian Johnson, il regista di Looper e Star Wars: Episodio VIII – Gli ultimi Jedi, dopo la parentesi molto discussa all’interno dell’universo creato da George Lucas, ha rivolto il proprio talento verso un film di taglio completamente diverso: un giallo classico alla Agata Christie, evocato direttamente dal sottotitolo italiano che strizza l’occhio all’arcinoto Invito a cena con delitto, già portato al cinema da Robert Moore nel 1976, su sceneggiatura di Neil Simon e con un approccio dichiaratamente parodico che qui sopravvive più che in parte, adattandosi ai modi e alle forme del blockbuster di oggi.
Con Cena con delitto – Knives Out Johnson si è divertito però, in maniera sorniona e funambolica, a sovraccaricare di rimandi politici e affilate stoccate la tradizione letteraria e cinematografica del whodunit (ovvero una storia sul “chi è stato”, con un omicidio da svelare lentamente e inesorabilmente tenendo la narrazione appesa a un filo). Il bersaglio, evidente e smaccato, sono l’America e i suoi vizi capitali, scanditi da una partitura di colpe, menzogne (solo?) apparenti e una moltitudine selvaggia di personaggi, molti dei quali figli del patriarca fatto fuori con un colpo netto alla gola, che non risparmiano un’ampia dose di crudeltà.
A fare da collante ci sono soprattutto l’avarizia di tutti e la subalternità diffusa tanto all’eredità quanto al totem inviolabile e sopraelevato rappresentato dalla figura paterna, ma il vero leitmotiv dell’operazione sono l’evidente gusto macabro e il tentativo, a tratti troppo compiaciuto e sovraccarico, di dare nuovo lustro a un canovaccio non certo inedito, tirandolo a lucido a suon di colpi di scena rutilanti e immoralità diffusa. Un proposito che a tratti ingolfa la leggibilità del copione e gli intenti della messa in scena, che di camuffamento in camuffamento, tra viscidi privilegi e lame sfoderate senza colpo ferire, smarriscono il focus della commedia nera e corrono il rischio di apparire ridondanti e ripiegati su se stessi.
Il mestiere che Johnson dimostra, tuttavia, è comunque smagliante, con una capacità non da poco di lavorare sulle potenzialità performative dei singoli caratteri, anche quelli più frettolosi e sacrificati, e di riversare addosso allo spettatore una miriade di punti di vista che sono solo frammenti microscopici di una verità più grande, insondabile e in definitiva forse addirittura inconoscibile. Lo scarto più significativo, in questo senso, è quello di fare dell’inserviente sudamericana del defunto la vera protagonista della vicenda, affidandosi alle sorprendenti qualità recitative di una Ana De Armas alla quale vengono offerti il banco di prova giusto e la ribalta più azzeccata per dimostrare tutto il suo talento.
La sua Marta, affetta da un’allergia sintomatica alla menzogna che si traduce in costanti conati di vomito tutte le volte che si ritrova a pronunciarne una o anche solo a percepire una bugia nell’aria, garantisce un punto di vista femminile e femminista tutt’altro che scontato. Il modo in cui l’attrice ne restituisce sul grande schermo le fragilità, facendosi carico in via esclusiva della purezza e dell’integrità residuali in un circuito chiuso di (dis)umanità delittuosa, fa della sua soggettiva una prospettiva morale in grado di traghettare il consueto murder mystery retrò e d’alta scuola verso qualcosa di effettivamente e intimamente contemporaneo. Pur tra vari arzigogoli e qualche stonato compiacimento grottesco di troppo, a cominciare dal detective sudista di un Daniel Craig in permesso premio lontano dai panni dell’agente 007, comunque eccellente nel lavorare sopra le righe alternando macchiettismo da deus ex machina e puro avanspettacolo.
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