Gianni Amelio ha presentato il suo ultimo film alla stampa, La tenerezza (qui la nostra recensione), raccontando i risvolti del progetto insieme a un cast di tutto rispetto composto da Elio Germano, Micaela Ramazzotti, Giovanna Mezzogiorno e Renato Carpentieri nei panni del protagonista, un ex avvocato in pensione che si ritrova a fare i conti con la tragedia di una famiglia in apparenza normalissima e con le pieghe intime del proprio passato familiare.
«Non so se la tenerezza è un sentimento o piuttosto un gesto, non ci ho mai riflettuto – ha detto Amelio, la cui pacata saggezza lo rende un affabulatore sempre piacevolissimo da ascoltare – cosa possiamo dire poi della tenerezza che non che non abbia già detto il Papa? Francesco ha detto la settimana scorsa che la tenerezza ci dà libertà. E non lo sottolineo perché lo dice il Papa, ma perché lo dice Francesco, una delle menti più illuminate del nostro tempo. Io credo che la tenerezza ci serva per scacciare l’ansia, in un mondo fatto di trappole e inganni dove non puoi prevedere ciò che accadrà non dico tra un’ora, ma nemmeno tra un secondo. Non è un caso che il film si apra e si chiuda tra due processi, con un imputato dietro al quale non si sa se potrebbe nascondersi un terrorista. In questo mondo pieno di insidie come quello in cui viviamo oggi ci vuole il coraggio di non essere timidi o vergognosi, perché fare un gesto di tenerezza è qualcosa che contrasta col nostro essere forti. La tenerezza va data quando ce n’è bisogno ma quando è autentica, altrimenti è una merce scaduta».
«Riguardo la tenerezza come valore assoluto – continua il regista de Le chiavi di casa – ho un riferimento che spero nessuno di voi abbia dimenticato, ovvero Ladri di biciclette. In quel finale, uno dei più straordinari della storia del cinema, c’è un ragazzino che ha l’impulso di dare la mano a suo padre che è stato bastonato. Nel mio lavoro, a proposito di morbidezza e di leggerezza, amo lavorare con i miei attori e il solo talento che mi riconosco è quello di saperci fare con loro, di sceglierli per bene. Se non avessi scelto Elio, Micaela, Giovanni e Renato loro non avrebbero recitato così bene per me. La scelta è fondamentale perché i tuoi compagni di viaggio possono renderti il viaggio bello oppure un inferno, anche se a volte può essere attraente andare negli inferi con qualcuno, è capitato anche a me ma ne deve valerne la pena. Mi piace anche essere scalzato e superato dagli attori e da una loro intuizione, quando succede questa cosa a un regista è meraviglioso».
«Essere chiamati da Gianni Amelio – gli fa eco Micaela Ramazzotti – essere adottati da lui con così grande libertà è un riconoscimento che vale più di mille premi. La tenerezza per me è curiosità. Se sei curioso dell’umanità altrui, quasi sempre malconcia e imperfetta, se provi questo sentimento non sempre semplice allora sei un passo avanti sulla strada della dolcezza, anche se la rabbia è sempre in agguato».
Anche Elio Germano, definito dal regista, con un ossimoro, “forte come il vetro e fragile come l’acciaio”, si dichiara entusiasta dell’esperienza con Amelio: «Gianni come regista ti abita, è un’esperienza professionale che auguro a tutti i miei colleghi. È un abbandono lavorare con lui. Spesso pensiero all’attore come a un mestiere di forte volontà, invece specialmente al cinema e specialmente con grandi autori è l’abbandono che fa la differenza, è non sapere dove andrai ad entusiasmare, piuttosto che prepararsi a casa per fare esattamente quella cosa che dopo farai sul set».
Sul concetto di abbandono a un regista si è soffermata anche Giovanna Mezzogiorno: «Bisogna sempre sapersi abbandonare, fidarsi completamente, più che andare verso un film e un personaggio occorre lasciare che quel film e quel personaggio vengano verso di te e ti prendano a braccia aperte. Si può parlare e studiare tanto un personaggio ma quella che è la mia esperienza personale mi suggerisce che nelle cose più forti che fai il controllo personale non ce l’hai più e vieni portato in zone delle quali non sai tutto».
Dopo aver attentamente ascoltato i suoi attori, Amelio è infine tornato su temi importanti come la felicità e il rapporto con se stessi, affrontati con sommessa e ironica leggerezza ma anche con coinvolgente e rassicurante profondità. Senza risparmiare una dichiarazione d’amore a un grandissimo regista del nostro cinema: «Io conservo un approccio monicelliano alla vita, perché adoravo Monicelli come regista e come persona. Ovvero cerco di essere padrone della situazione, così come lo sono di un set, con una sicurezza che non sia oppressiva né ostentata. Come si dice nel mio film citando un poeta arabo, la felicità consiste non nel riappropriarsi di qualcosa più che nel cercare qualcosa davanti a sé che deve ancora venire. Lo scrittore Robert Musil ne I fanatici, che non so nemmeno se sia una commedia o una tragedia, ha scritto che non siamo mai così tanto noi stessi quando perdiamo veramente il cammino. E io credo sia verissimo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA