Un valzer ballato con tanta naturalezza che la candela nelle mani della danzatrice non si spegne. Una nuvola di farfalle. Una pallina lanciata a un cane che rotola nella direzione sbagliata. La tensione secondo Guillermo del Toro è una questione di dettagli ed eleganza, da cui l’orrore sprigiona pian piano. Tecnicamente un “gothic-romance”, Crimson Peak promette brividi raccontando la storia di Edith, una giovane scrittrice – interpretata da Mia Wasikowska – che viene attratta da un uomo misterioso, Sir Thomas Sharpe. Un estraneo affascinante che la strapperà a un amico d’infanzia conducendola in una casa capace di respirare, sanguinare, ricordare. «Ma attenzione – avverte Tom Hiddleston, che interpreta Sharpe –, questo non è un film su una casa infestata dai fantasmi. Si va molto oltre». Dal vivo l’attore londinese classe 1981, paradossalmente divenuto una star con il ruolo molto americano del cattivo di un cinecomic (Loki, chi altro?), è alto, longilineo ed elegante in modo smaccatamente british, come se la classe fosse cioè un’abitudine e un punto d’onore. È anche molto più biondo di come siamo abituati a immaginarlo dopo i vari Marvel movie. Far parte di un gruppo di giornalisti trasandati e sudaticci, sistemati in un hangar degli Universal Studios, in una calda giornata d’estate a Los Angeles, crea un contrasto particolarmente straniante di fronte a lui.
Best Movie: È il tuo primo horror, vero?
Tom Hiddleston: «Sì, è così. È molto eccitante e mi sto rendendo conto che c’è un grande entusiasmo per le storie di fantasmi perché – strano a dirsi – ti fanno sentire vivo».
BM: In effetti, si è sempre “più vivi” rispetto a un fantasma…
TH: «Non è solo quello. C’è un senso di mistero e di pericolo in questo genere di storie e la mia esperienza, guardando ghost stories al cinema, è che lo spavento – il saltare sulle sedie di tutto il pubblico nello stesso momento, l’urlo e poi la risata liberatoria – ti connette con gli altri, ne fa un’esperienza collettiva».
BM: Sembra un buon modo di descrivere il cinema.
TH: «Credo che il cinema sia proprio così: sembra un’esperienza individuale, ma in realtà non lo è».
BM: Hai detto che Crimson Peak non è un film su una casa infestata, e anche del Toro si è raccomandato «non scrivete che è un film su una haunted house». Ma allora cos’è?
TH: «Del Toro ha preso spunto dai romanzi di Ann Radcliffe, di Daphne du Maurier, di Charlotte Brontë, scrittrici che ha amato e ammirato. Il romanzo gotico con sfumature sentimentali è il suo genere letterario preferito. C’è sempre un personaggio femminile molto forte e indipendente, un’eroina dalla mente aperta e dalla curiosità fervida, e in questo caso si tratta di Edith, interpretata con grande sincerità da Mia Wasikowska».
BM: E tu chi sei?
TH: «Il sono l’outsider. Lo straniero che vive in una grande casa. La struttura del romanzo gotico è molto pura e permette di esplorare temi diversi: l’amore, la passione, l’oscurità. C’è una sensualità particolare in questo film che all’inizio può essere così leggera da non essere nemmeno notata, ma che poi si rivela. Un senso del proibito che affascina. Insomma, c’è più di quello che pensi dietro a quella porta in fondo al corridoio…».
BM: In due parole, piacere e morte.
TH: «Questo tipo di letteratura pone l’attenzione sugli istinti primari dell’uomo: il sesso, fonte di vita, e la paura per la fine della vita stessa. Forze potenti e inevitabili, contraddittorie e presenti dappertutto. La tensione fra questi due elementi è molto alta in Crimson Peak. Una giovane donna è spinta verso un futuro misterioso dal suo cuore e dalla sua sessualità, ma anche dalla sua indipendenza e coscienza di sé».
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