Da ragazzino di About a Boy a Bestia (in X-Men: L’inizio) e poi zombie (in Warm Bodies): il cambiamento è il suo mestiere. E infatti Nicholas Holult si presenta all’appuntamento con la testa completamente rasata. Esigenze di copione (ancora): quello di Mad Max, il film che lo vede in azione accanto a Tom Hardy. «Mi sento come privato di qualcosa e in più ho freddo!». A quanto pare anche fame: per tutto il tempo dell’intervista sgranocchia patatine. Ma tra una chips e l’altra, riusciamo a estorcergli qualche aneddoto de Il cacciatore di giganti – il film di Bryan Singer in uscita il 28 marzo, che lo vede nei panni del protagonista Jack –, il suo odio verso i social network e i sogni di un ragazzo che ha appena 23 anni ma si sente già un privilegiato.
Best Movie: Conoscevi la favola di Jack e il fagiolo magico?
Nicholas Hoult: «Non benissimo, ma quando ho letto lo script mi sono divertito molto. Il film prende spunto dalla fiaba ma poi evolve in una storia completamente nuova, anche più avventurosa dell’originale».
BM: E infatti è un susseguirsi di scene d’azione…
NH: «Sì, però la cosa bella del film è che riesce a mantenere in perfetto equilibrio avventura, romance e ironia. Con degli effetti speciali pazzeschi. Quando ho visto il trailer la prima volta sono rimasto impressionato dall’impatto del mondo in cui vivono i giganti e il modo in cui questi sono stati costruiti, ognuno con una sua precisa personalità. Bill Nighy ha fatto un lavoro eccezionale con il Generale Fallon, ma certo è stato aiutato da chi ha curato la CGI e la resa grafica».
BM: È stato Bryan Singer a volerti per il ruolo di Jack?
NH: «Quando ha saputo che la produzione di Mad Max era stata posticipata, mi ha chiamato a Londra per il provino. L’avevo già incontrato sul set di X-Men: L’inizio, progetto che lui ha seguito in quanto produttore, e conoscevo bene i suoi film. Adoro il suo stile di regia, soprattutto l’umorismo con cui condisce ogni storia».
BM: Sia Il cacciatore di giganti sia Mad Max hanno richiesto un notevole sforzo fisico.
NH: «In entrambi i casi mi sono dovuto allenare prima di iniziare a girare. Per il ruolo di Jack ho preso anche delle lezioni di arrampicata. E per fortuna. Perché oltre a scalare la pianta ricostruita in studio, dovevamo anche resistere a secchiate d’acqua e getti di aria. Non si sentiva nulla, tanto che il regista doveva comunicare con un microfono. Ogni due per tre mi gridava: “Nich apri gli occhi!”. Fosse facile! Comunque ho cercato di girare io la maggior parte delle scene senza ricorrere a stunt».
BM: Anche in Mad Max?
NH: «Assolutamente no! La prima volta che ho visto quanto fosse complicato maneggiare i veicoli usati sul set, e anche pericoloso, ho detto: “Sapete una cosa? Lo lascio fare volentieri a qualcun altro!”».
BM: A proposito di questo film, com’è lavorare con Tom Hardy?
NH: «È davvero carismatico, non fa mai due cose nello stesso modo, propone un sacco di idee interessanti e aggiunge sempre qualcosa di suo».
BM: E cosa ci dici di Ewan McGregor, con cui hai condiviso il set di Il cacciatore di giganti?
NH: «Semplicemente la persona più divertente del mondo! E non esagero. Fa morire dal ridere! Quando abbiamo dovuto girare la scena in cui Jack ed Elmont arrivano nel mondo dei giganti e decidono di uccidere una pecora per sfamarsi, sembrava una gag di Benny Hill».
BM: Che cos’hai in comune con Jack?
NH: «Credo il voler dimostrare a tutti di non essere una persona inutile e superare se stesso, continuamente».
BM: Una bella responsabilità il ruolo del protagonista…
NH: «Eccome! Ma ho letto un’intervista a Daniel Craig in cui dichiarava di essere ancora nervoso a rientrare nei panni di Bond dopo tre film. Per cui credo sia normale. Il fatto è che quando qualcuno investe su di te hai il terrore di non essere all’altezza o far fare a tutti una figuraccia… Per fortuna è stato un lavoro di squadra. Bryan mi ha aiutato molto e sono stato affiancato da attori eccezionali. E comunque se il film non funziona nessuno potrà venire a dirmi che è colpa mia! Non totalmente, almeno…» (ride).
BM: Be’, anche la principessa ha la sua parte di responsabilità.
NH: «In realtà la storia tra loro due è uno degli aspetti più intriganti del film. Immaginatevi un ragazzo umile, cresciuto in una fattoria, che si innamora di una principessa e non una qualunque, una tipa tosta. Per lui è un sogno… e naturalmente è già sicuro di non avere alcuna speranza con lei. Ma alla fine funziona».
BM: Sembra ieri che sconvolgevi la vita di Hugh Grant in About a Boy. Quanto ti senti cresciuto da allora?
NH: «A volte mi sembra che siano passati secoli, altre ho l’impressione di non essere così diverso da come ero undici anni fa. Certo è che ho avuta molta fortuna e mi sento un privilegiato a poter fare questo mestiere e ad aver lavorato con persone importanti».
BM: Perché un bel ragazzo come te non sceglie di buttarsi sui film per teenager?
NH: «Be’, ho fatto Warm Bodies che è rivolto a quel target. Però voglio mettermi alla prova su diversi fronti per non precludermi certe strade o possibilità».
BM: Ma non ti piacerebbe diventare il nuovo Robert Pattinson?
NH: (scuote la testa) «Sinceramente? No. Certo, sarebbe bello diventare così popolare, essere travolto dai fan, ma per ora preferisco salvaguardare la mia vita privata. Per questo ho scelto di rimanere a vivere in Inghilterra».
BM: Usi i social network?
NH: «Ci ho provato, ma era troppo stressante… Ogni volta che trovavo dei messaggi privati, pensavo: “O no! Mi tocca rispondere. Non ho niente di interessante da dire”. Però mi piace l’idea che Facebook e Twitter stiano diventando nuovi veicoli per promuovere i film. Credo che sia intelligente, anche perché ti permette di avere un dialogo diretto con il pubblico».
(Foto: Kikapress)
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