Ormai l’hanno detto in tanti, noi compresi (qui la nostra video-recensione dal Festival di Roma), ma lo ripetiamo comunque volentieri: Snowpiercer è probabilmente la miglior sci-fi dai tempi di Matrix. Ha, della grande fantascienza, alcune qualità fondamentali ed evidenti. È una proiezione plausibile del nostro futuro: racconta, estremizzandole, le conseguenze del degrado ambientale e climatico. Ha un efficacia metaforica immediata, folgorante: immagina che tutti i sopravvissuti ad una prematura glaciazione viaggino su un treno che non si ferma mai, un treno diviso rigidamente in classi, che sono vagoni ma anche strati sociali, condizioni di vita confinanti ma opposte. Gode di personaggi splendidamente concepiti, tutti con un doppio fondo, tali da richiedere in chi guarda una seconda e addirittura una terza valutazione. Si snoda su una storia ricca di colpi di scena, colpi di scena che sono guidati dal percorso dei protagonisti: noi con loro, disperati in cerca di rivoluzione, risaliamo dalla terza alla prima classe, fino alla sacra Locomotiva – da cui dipende la vita di tutti – e ogni nuova porta che si apre è un nuovo scenario, un nuovo mondo in miniatura, l’ennesimo ribaltamento delle nostre aspettative.
Aggiungete a questo la regia stilizzatissima – estratta dallo storyboard (e dalla graphic novel) con attenzione maniacale ma non pedante – di uno dei più grandi registi d’Oriente, Bong Joon-ho (The Host, Mother), e avrete tutti gli ingredienti per decidere di staccare il biglietto. Anzi no, ne manca uno ancora: il cast goloso, che mette assieme Tilda Swinton e John Hurt, Alison Pill e Ed Harris, Chris Evans e Jamie Bell, truccandoli e vestendoli con un gusto per la parodia sociale grottesca (e un filo tragica) che non pensiamo dispiacerebbe a Terry Gilliam. E il cult è servito.
Snowpiercer: la miglior fantascienza dai tempi di Matrix. La recensione
Chris Evans, Jamie Bell e Tilda Swinton sono protagonisti di questo sci-fi post-apocalittico ricchissimo di colpi di scena