Ecco un estratto dell’intervista pubblicata su Best Movie di giugno 2013.
Universi iperviolenti, illuminati da luci al neon e calpestati da angeli della morte in cerca di vendetta, o di riscatto. È in questi mondi che si muove Nicolas Winding Refn, il quarantatreenne danese passato dallo statuto di regista di culto ottenuto a suon di grandi film (la trilogia di Pusher prima, Bronson e Valhalla Rising successivamente) a quello di “nuovo Tarantino”, grazie al premio alla regia per Drive ottenuto a Cannes nel 2011. Un’etichetta che non ama molto ma che dà la misura della sua popolarità. Intanto, sulla Croisette è tornato anche quest’anno, con un «film molto diverso», Solo Dio perdona, dove le insegne di Los Angeles si spengono per fotografare una Bangkok notturna e le umanità interrotte che si alternano sullo schermo. Il film consacra definitivamente il geek visionario che ha stregato Ryan Gosling, con il quale ha stretto un amicizia dentro e fuori dal set, fino a trasformarlo nel suo alter ego cinematografico. È lui che, manovrato da una madre biondissima e spietata (Kristin Scott Thomas, leggi la sua intervista), proverà a vendicare l’omicidio del fratello, consapevole che Solo Dio perdona, lui no.
Dopo Drive, che era tratto dal romanzo di James Sallis, ritorni a un film interamente scritto da te, giusto?
«Drive è stata una sorpresa che non mi aspettavo. Prima avevo passato molto tempo nel tentare di portare a termine un film con Harrison Ford (The Dying of the Light, ndr) che, purtroppo, non è mai arrivato a concretizzarsi. Così, quando mi hanno offerto Drive l’ho trovato perfetto per sfogare le frustrazioni di quel lungo periodo. In realtà tra libro e film c’è un abisso: la prima sceneggiatura non mi soddisfaceva pienamente e l’ho adattata al mio modo di fare cinema. Nel frattempo stavo già pensando a un western thailandese, anche perché avevo già firmato un contratto con Wild Bunch per due film».
Come mai la Tailandia?
«Perché io e mia moglie eravamo andati in vacanza lì e ho scoperto un mondo tanto affascinante quanto pericoloso, il terreno di gioco adatto per ambientare un film che parla di vendetta e onore. Io e la mia famiglia abbiamo passato sei mesi a Bangkok: siamo arrivati tre mesi prima dell’inizio delle riprese per trovare una scuola per le mie figlie e creare un ambiente accogliente dove passare tutto quel tempo. È in quel periodo che ho scritto la sceneggiatura definitiva di Solo Dio perdona, ispirato anche dal sapore del posto».
Nel film torni a lavorare con Ryan Gosling. Quanto si è solidificato il vostro rapporto?
«Siamo ottimi amici. Fu Ryan a volermi per Drive. Gli era piaciuto molto Pusher e anche Valhalla Rising, così ha voluto incontrarmi a Los Angeles. Siamo usciti a cena e non è che le cose sia andate subito lisce. Io non mi sentivo molto bene e non ho aperto bocca per quasi tutta la cena. Ero convinto che non avrei fatto il film, poi, mentre mi riportava in albergo, dalla radio uscì una musica anni ’80 e non so per quale motivo mi sentii profondamente triste. Cominciai persino a piangere, ma alla fine dissi: “Se tu vuoi, adesso so come portare questa storia sullo schermo”. Per Solo Dio perdona avevo già scelto un altro attore (Luke Evans, ndr), ma proprio durante Cannes 2011 mi comunicò di dover rinunciare alla parte e così mi è venuto spontaneo chiederlo a Ryan. Fu subito entusiasta del progetto, anche se per aspettare i suoi impegni professionali abbiamo posticipato l’inizio delle riprese».
(Foto Kikapress)
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