Sceglie di evocare nel titolo una vecchia canzone di Battisti Giovanni Veronesi per il suo nuovo film Una donna per amica. Ma si tratta solo di uno spunto, perché la donna-amico a cui si riferiva il grande Lucio è un pilastro che nei momenti di difficoltà sa sorreggere l’uomo, mentre in questa commedia leggera che rievoca un po’ il filone anni ’80 alla Nuti l’amicizia è solo una copertura, una maschera che nasconde una tensione erotica che i due protagonisti non hanno il coraggio di vivere fino in fondo.
Dopo l’esplorazione sociale de L’ultima ruota del carro il regista toscano torna nei paraggi a lui più famigliari di Manuale d’amore e all’esplorazione dei sentimenti. La domanda che Veronesi si pone è quella a cui molte pellicole, da Harry ti presento Sally a Il matrimonio del mio migliore amico, hanno sempre cercato di rispondere: possono una donna e un uomo essere amici? Diffile dare una risposta univoca, ma certo è che l’impresa diventa difficilissima per l’uomo quando quella donna ha la fatale e selvaggia bellezza di Laetitia Casta, italofrancese di nome Claudia dal comportamento libero e un po’ irresponsabile che si appoggia all’amico Francesco De Biase, solido avvocato trapiantato a Lecce, dove tutela clienti indifendibili come la Lorena Bobbit “nostrana” interpretata da Geppy Cucciari.
Anarchica e imprevedibile, bellissima e sensuale come solo le francesi riescono a essere (la scena della danza sfrenata sui tavoli e la fuga in bicicletta per le strade di Lecce sembrano quasi degli stereotipi dell’esprit della femme francese) è un’autentica dannazione per Francesco, che a un certo punto prova anche a intrecciare una relazione con una solida e bella ragazza del Sud di nome Lia. Com’è ovvio che sia in una commedia basata sull’emozione e non sulla ragione, la grevitas di Valentina Lodovini viene schiacciata dalla spumeggiante follia della Casta, fino all’inevitabile resa dei conti che vi lasciamo scoprire da soli.
A convincere è il tono agrodolce di questa rom-com d’Italie, che non ha le ambizioni del film con Germano o del galateo sentimentale per eccellenza di Veronesi, ma è più un fluttuare malincomico tra esperienze sentimentali che tutti quanti abbiamo vissuto, specie quando abbiamo creduto e sperato fino in fondo che quella particolare amiciza potesse tramutarsi in qualcosa d’altro; lasciandoci dopo qualche goffo tentativo malriuscito a raccogliere i milioni di cocci di un cuore spezzato, costringendoci per sopravvivenza a virare altrove, interrompendo rapporti anche importanti.
Molto più bravo a confrontarsi con questi toni sommessi e delicati che con quelli grotteschi e grevi del franchise Il peggior week end della mia vita, Fabio De Luigi è più convincente del solito, mentre la Casta fluisce bene nel ruolo della ragazza immatura e non fatica certo a fare l’ammaliatrice involontaria. Anche il cast di contorno e la location contribuiscono a fornire credibilità a un plot non particolarmente equilibrato, che funziona meglio nella parte iniziale comica (i duetti tra De Luigi e Virginia Raffaele sono una bella trovata) che nella seconda più drammatica (con Adriano Giannini e Valeria Solarino “tormentati”) e che ha dalla sua anche una fotografia molto bella e preziosa. Più “un vorrei ma non posso” valido a intermittenza che un film pienamente riuscito, ma a cui non si riesce a voler male come a tanti film italiani disonesti usciti di recente.
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