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Dodici anni sono passati dall’ultima direzione artistica di Alberto Barbera al Lido di Venezia. In mezzo c’è stato il ciclone Müller con le sue pantagrueliche abbuffate di cinema, come quella dell’edizione passata, fatta di Polanski (Carnage), McQueen (Shame), Clooney (Le Idi di Marzo), Soderbergh (Contagion)… con i loro magnifici film impreziositi dalle star hollywoodiane associate ai vari titoli, da Gosling a Winslet, passando per Fassbender.
Sarà anche per mostrare un atteggiamento più consapevole della crisi su tutti i fronti, ma Barbera ha messo subito le mani avanti, dichiarando che avrebbe costruito un festival più sobrio, meno affollato e pertanto più selezionato di quelli offerti negli ultimi anni dal precedente padrone di casa e, in effetti, ha mantenuto le promesse.
Non che manchino i titoli di prestigio o i divi, ma certamente l’edizione 69 della Mostra cinematografica, che si terrà dal 29 agosto all’8 settembre, sarà nel segno dell’austerity, con un red carpet meno sfavillante di stelle. Togliamoci subito il pensiero e guardiamole da vicino. In concorso ci sarà Terrence Malick, l’asso bello di Barbera, con il melò To the Wonder, triangolo amoroso tormentato tra Ben Affleck, Olga Kurylenko e Rachel McAdams con “innaffiate” di Tree of Life, e tornerà alla ribalta con un gioco di seduzione estrema (Passion) anche il veterano Brian De Palma, portando in scena una storia di morbosità saffica tra la già nominata McAdams e Noomi Rapace.
Sorprende la presenza nella sezione competitiva di Spring Breakers, finora liquidato un po’ da tutti come il film sulle ladruncole lolite in bikini (le lanciatissime Selena Gomez, Vanessa Hudgens, Ashley Benson e Heather Morris) sotto la protezione di James Franco, ma la presenza di un regista innovativo e spiazzante come Harmory Korine dietro la macchina da presa e la scelta dei selezionatori suggerisce che dietro le apparenze ci sia molto di più. Quanto meno stilisticamente.
Il vero asso nella manica di Barbera, però, è Paul Thomas Anderson. Dopo numerosi rumor e smentite, infatti, il suo probabile capolavoro, The Master (con un Philip Seymour Hoffman in odore di seconda statuetta, ispirato al Ron Hubbard di Scientology), e che già ha urtato la sensibilità dell’affiliato al culto Tom Cruise, sarà il 18mo film, ovvero quello a sorpresa. Pare che da tempo fossero in corso trattative tra i Weinstein e la direzione del Festival per riuscire a dare alla pellicola una collocazione prestigiosa. Un accordo che consente al neo-eletto direttore di mettere a segno uno dei colpi più grandi della sua appena riavviata carriera da direttore della Mostra. Varcando la porta lasciata aperta da Barbera, il regista de Il petroliere ha così tolto la possibilità ad altri due big di Hollywood come Joe Wright e Nicolas Winding Refn di presentare i loro altrettanto attesi film. Il regista di Espiazione e Orgoglio e pregiudizio sarebbe arrivato in Laguna con un altro kolossal in costume, Anna Karenina, con la sua musa Keira Knightley, Jude Law e Aaron Johnson a dare volto ai protagonisti di questo triangolo amoroso. Il secondo, già a Venezia insieme a Blake Lively per presentare la campagna pubblicitaria della fragranza Gucci Prèmiere, avrebbe potuto approfittarne per mostrare in anteprima mondiale il suo Only God Forgives, ancora “sporco” di sangue e ancora con Ryan Gosling. Chissà, forse li vedremo entrambi a Roma…
Con Malick e Anderson al suo occhiello, il confronto con la “portaerei” che Müller sta mettendo in piedi (40 titoli in concorso contro i 18 della Laguna, sebbene il meglio passerà a breve a Toronto) sarebbe di certo attutito. Quel che è certo è che ad animare le due kermesse è una linea editoriale nettamente diversa. Da una parte una rassegna selettiva e autorevolmente indirizzata al meglio in circolazione, almeno nelle dichiarazioni del suo deus ex machina, dall’altra un’esibizione fallocentrica che riesca ad umiliare gli avversari, con la finalità non troppo recondita da parte del neo-direttore di insediarsi nuovamente sul trono del Lido. […]
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