Breve premessa. Chi scrive non ha mai seguito con assiduità la serie anime degli anni ’80; ma Belle e Sebastien sono due nomi familiari, che evocano ricordi, paesaggi alpini, lunghe corse in mezzo ai prati e le note di una sigla indimenticabile fin dal primo ascolto.
Il rischio di portare sul grande schermo l’amicizia tra il gigantesco cane bianco e il tenero orfanello, trasformandola nell’ennesima operazione nostalgia era dietro l’angolo. A Nicolas Vanier va il merito non solo di non esservi inciampato, ma anche di aver realizzato un film che incanta a livello visivo e si arricchisce di piani di lettura.
Inevitabile la licenza poetica di allontanarsi dal testo originale (il cartoon era basato sull’omonimo romanzo di Cécile Aubry, datato 1965) per costruire un racconto inserito all’interno di precise coordinate spazio-temporali: siamo sulle Alpi francesi, in piena Seconda guerra mondiale. Il villaggio in cui vive il piccolo Sebastien è occupato dai nazisti, pronti a puntare il fucile contro chi favorisca la fuga degli ebrei in Svizzera attraverso le montagne. Una retata che si somma alla caccia alla bestia che – secondo gli abitanti del luogo – proprio in quei giorni sta decimando le pecore. Ne è convinto anche il vecchio César, che – alla morte dalle madre – si è preso cura di Sebastien come un nonno La sceneggiatura recupera l’originale condizione di orfano del protagonista, sostituita nella serie dalla ricerca del genitore ancora in vita, ma interviene sulla figura dell’anziano, la cui anima è meno, contaminata da alcool e testardaggine.
Il “mostro” in questione è, in realtà, un enorme Cane da montagna dei Pirenei dal pelo candido, del tutto innocuo e reo solo di essere scappato da un padrone violento. L’unico a scoprire la verità e ad avvicinarsi al cane, tanto da prendersene cura, è proprio Sebastien…
Forte della naturale bellezza delle Alpi e di un passato da documentarista, Vanier riduce al minimo le parole e lascia parlare le immagini: conferisce alla natura – terza protagonista del film – e allo sguardo magnetico di Félix Bousset (l’attore che interpreta Sebastien: appena 7 anni e un volto che buca lo schermo) il compito di condurci nella storia. L’aderenza al personaggio – diremmo, la totale immedesimazione – è tale, che la realtà supera la finzione. Ed è proprio qui che il film funziona: nella sua spontaneità, nel suo senso di verità. Non a caso, l’unico tentennamento si ha sul finale, quando l’impresa compiuta dai protagonisti si fa eroica e non più credibile.
Vanier accomuna l’uomo all’animale, e lo fa senza forzature. In entrambe le “specie” individua il Male (gli animali possono essere feroci, ma anche l’uomo può tradire e ferire i suoi simili), ci insegna a riconoscerlo e ci mette in guardia da false paure e pregiudizi.
In questo senso Belle e Sebastien è un film fruibile da un pubblico di ogni età, più o meno capace di coglierne i diversi piani di lettura. Se certe implicazioni storico-sociali sono intuibili solo da uno spettatore adulto, il rispetto della natura e di chi la abita è un messaggio che arriva forte anche ai bambini. Perché a dirlo è uno di loro: «Non si spara ai cervi, non ne avete il diritto».
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Mi piace
La scelta di Vanier di lasciar parlare le immagini: la sua abilità nel valorizzare la natura (che acquista un importante ruolo narrativo) e nel dirigere lo straordinario attore che interpreta Sebastien. Il suo film comunica a livello visivo e si arricchisce di contenuti rispetto all’originale.
Non mi piace
Alcune sequenze finali, troppo eroiche e poco credibili, nell’economia di un film che funziona proprio per la sua verità.
Consigliato a chi
Agli amanti della serie degli anni ’80 e ai genitori che la stanno facendo riscoprire ai propri figli.
Voto
4/5