Cani sciolti: la recensione di Gabriele Ferrari
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Cani sciolti: la recensione di Gabriele Ferrari

Cani sciolti: la recensione di Gabriele Ferrari

Se fossimo negli anni Ottanta liquideremmo Cani sciolti con un 6 politico, descrivendolo come «un buddy cop movie ben costruito e ottimamente recitato, che ha il difetto di arrivare sull’onda del successo di Arma letale ricalcandone le tracce con fedeltà quasi eccessiva». Siamo nel 2013, però, e Shane Black non è più lo sceneggiatore prodigio che ha rivoluzionato il modo di scrivere un film d’azione ma il regista di Iron Man 3; il buddy cop movie è, se non morto, quantomeno in pessima salute, e l’action non sta molto meglio, preferendo rifugiarsi dietro le gonne di vecchie glorie piene di carisma e affezionate al PG13 e a un approccio “educato” alla materia.

Poi c’è 2 Guns, che in questo panorama spicca come una macchia di sangue su un pavimento bianco. Diretto dall’islandese Baltasar Kormákur, che si è già fatto le ossa con il cinema americano con il recente Contraband, Cani sciolti potrebbe essere uscito dalla penna dello Shane Black periodo Arma letale/L’ultimo boyscout; è un film ignorante nel senso buono del termine, senza alcun interesse per il politicamente corretto, l’originalità, la ricerca stilistica. Racconta una storia talmente intricata e convoluta da toccare picchi di ridicolo (volontario), con trafficanti di droga che si scontrano con la Marina americana, l’FBI e la DEA e doppiogiochisti che si fanno ingannare da triplogiochisti. Mette in scena violenze, torture e massacri come se fossero la cosa più naturale del mondo, senza concessioni all’ironia postmoderna di stampo tarantiniano, arrivando a tratti a sfiorare il cattivo gusto. E soprattutto consegna le chiavi di casa in mano ai due protagonisti, e lascia che sia il loro talento a portare avanti una delle pellicole più divertenti e oneste di questo 2013.

Bobby e Stig (Denzel Washington e Mark Wahlberg) sono delinquenti coinvolti in un traffico di droga a cavallo del confine messicano; il loro referente è Papi Greco (un meraviglioso Edward James Olmos, o come lo definisce Wahlberg «l’Albert Einstein messicano»), e il loro lavoro, tra un carico di cocaina e l’altro, fila liscio come l’olio. Almeno finché non decidono di rapinare la banca sbagliata, scelta che fa precipitare le cose in una spirale di violenza e tradimenti che non risparmia quasi nessuno. Svelare di più sulla trama significherebbe rovinare molte sorprese: né Bobby né Stig sono quello che sembrano, e dal doppiogiochismo non si salva neanche la ex fidanzata di Bobby, Deb (Paula Patton, generosissima nel mostrarsi come mamma l’ha fatta); né la legge fa una figura migliore, con un Bill Paxton che gigioneggia crudelmente oltre i limiti consentiti dalla legge e persino James Marsden che si libera dell’aria da bravo ragazzo per impersonare un marine senza alcuna morale.

Se la trama è una successione di colpi di scena più o meno improbabili, è nella messa in scena che Cani sciolti trionfa. Al centro di tutto ci sono Washington e Wahlberg: antieroi anni Ottanta che passano più tempo a prendere botte che a darle, i due si divertono come matti a giocare ai cattivi, e il film cresce con il loro rapporto; che i due, a modo loro, siano talenti immensi non è una novità, ma che potessero funzionare così bene insieme non era scontato. E invece sembra che si conoscano da sempre, e che non vedessero l’ora di recitare insieme in un film simile. Il resto del cast li asseconda e li complementa, e anche Kormákur decide di mettersi saggiamente da parte, girando con competenza ma senza invadenza in location che potrebbero, queste sì, essere uscite da un film di Tarantino, o da un romanzo di Cormac McCarthy. Non basta certo un po’ di deserto per fare un western, ma Cani sciolti è una storia di frontiera nel senso più puro dell’espressione, in cui morale e coscienza vengono accantonate in favore di avidità e voglia di arricchirsi (e sparire poi nel nulla). Non siamo di fronte a una rivoluzione, o a un film che reinventa il genere; piuttosto a un omaggio a un certo modo di fare cinema che si è perso negli anni in favore di storie sicuramente più profonde, più moralmente ambigue e più umane, ma mai così francamente divertenti.

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Mi piace
I due protagonisti da soli valgono il prezzo del biglietto, e il cast di supporto ripaga anche la Coca-Cola e i pop-corn. Pur senza esagerare in virtuosismi e ricerca stilistica, Kormákur dirige con mano sicura e qualche guizzo di classe. E poi c’è tanta, deliziosa violenza.

Non mi piace
L’intreccio è talmente complesso da risultare a tratti ridicolo.

Consigliato a chi
A molte categorie di persone, che si possono riassumere in una sola domanda: vi piacciono i film scritti da Shane Black? 2 Guns è il film giusto per voi.

Voto: 4/5

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