Deadpool: la recensione di Andrea Facchin
telegram

Deadpool: la recensione di Andrea Facchin

Deadpool: la recensione di Andrea Facchin

Ci voleva. Anzi, uno come Deadpool era proprio necessario per l’intero filone dei superhero movies che finalmente, con il film di Tim Miller, regala qualcosa di nuovo. Il divieto ai minori di 18 anni in America non ha impedito al cinecomic di registrare un esordio da record (150 milioni di dollari): perché? Anzitutto, perché Deadpool è sì un “supereroe per adulti”, ma anche per ragazzi. Offre uno spettacolo per cui i teenager non possono non godere (azione vorticosa, sesso, volgarità, violenza grafica e splatter e doppi sensi a iosa) e una serie di riferimenti (dai gadget più nerd a cantanti e gruppi musicali) che attingono dalla pop culture di più generazioni, e quindi anche da quella dei trentenni di oggi (o dei genitori).

Non è il supereroe a cui siamo abituati, è molto di più: un killer infallibile, letale con le armi ma soprattutto con la parola, più tagliente delle sue katane. Fatta eccezione per l’Iron Man di Robert Downey Jr. (e in parte i Guardiani della Galassia di James Gunn, Star Lord e Rocket su tutti), nessun altro personaggio di questo panorama ha la lingua lunga come l’alter ego di Wade Wilson. Una caratteristica dai contorni quasi tarantiniani che deflagra nella rottura della quarta parete, ossia nei momenti in cui il protagonista parla direttamente con lo spettatore (e credeteci, lo fa in qualsiasi situazione). Deadpool è quasi interamente costruito su questa tecnica narrativa – da sempre il marchio di fabbrica anche della versione a fumetti, in cui la pagina viene metaforicamente sfondata -, sempre funzionale e mai fine a se stessa.

Sin dall’inizio Ryan Reynolds – perfetto per il ruolo – agisce a piacimento dentro e fuori dallo schermo, manovra la macchina da presa e si prende libertà espressive (e mimiche) il cui significato va ben al di là del politicamente scorretto. Parliamo di un linguaggio metacinematografico, profondamente citazionista, autoreferenziale e autoironico, parodistico sin dai titoli di testa, anche nei confronti del suo stesso universo di riferimento. Non c’è solo irriverenza alla base delle battute sull’X-Men Saga, i cui rappresentanti qui sono Colosso e Testata Mutante Negasonica, ma pure tanta intelligenza. Perché ciò che Deadpool critica del franchise di Bryan Singer (caos di linee temporali in primis), in fondo l’ha pensato ognuno di noi almeno una volta, seppur con toni più leggeri.

Il film, dunque, rivoluziona il panorama dei film sui supereroi? Non del tutto, ma dimostra come sia ormai un limite continuare a insistere su chi, tra i team Marvel/Disney e DC Comics/Warner, produca i cinecomic migliori. Quella di Miller e soci, alla pari dei Daredevil e Jessica Jones televisivi, è un’ulteriore dimostrazione di come il mondo dei supereroi possieda molteplici varianti di racconto che Hollywood, andando al di là delle logiche produttive e di mercato, farebbe bene ad abbracciare più spesso, per staccarsi da quell’intrattenimento per famiglie (leggasi PG-13) in cui si è ormai cristallizzato. Non è una rivoluzione totale, ma un messaggio da comprendere e saper gestire per intraprendere una nuova strada, senza imboccare il sentiero della mera emulazione. Di Deadpool ne basta (e avanza) uno.

Leggi la trama e guarda il trailer

Mi piace:
Il citazionismo estremo, la parodia, l’irriverenza: funziona tutto.

Non mi piace:
Dal vortice di riferimenti, parole e doppi sensi, qualcuno potrebbe uscire un po’ stordito.

Consigliato a chi:
Da tempo cerca qualcosa di nuovo in un cinecomic.

Voto:
4/5

© RIPRODUZIONE RISERVATA