Perché Elsa è nata con dei poteri magici? La risposta a questa domanda sta ora minacciando il Regno di Arendelle, spingendo Elsa, Anna, Kristoff, Olaf e Sven a partire insieme per un viaggio straordinario e pieno di pericoli. In Frozen – Il Regno di Ghiaccio Elsa temeva che i suoi poteri fossero troppo forti per essere accettati dal mondo. Ora dovrà sperare che siano abbastanza forti per salvarlo.
Frozen II – Il segreto di Arendelle rispetto al primo, fortunatissimo film fa registrare uno scarto non da poco, una fuoriuscita dalla comfort zone della fiaba classica: Anna ed Elsa si inoltrano infatti in un passato colmo di mistero, a partire da una voce che solo la seconda può sentire e che risveglia in lei nuovi poteri (e tormenti) e altrettante responsabilità. Il prologo del sequel, scandito da un racconto del padre alle due principesse bambine, ci prende immediatamente per mano per condurci verso terre inesplorate, dove a farla da padroni sono gli elementi naturali (Aria, Acqua, Terra e Fuoco) nella loro coesistenza e complessità. Perché, una volta attraversata la foresta e al termine del viaggio, è impossibile non ritrovarsi cambiati, sospinti da nuove consapevolezze.
Con queste premesse si corre il rischio di spaventarsi in partenza e dunque è bene sgombrare fin da subito il campo da equivoci: si tratta di un seguito che, al netto di un esubero di canzoni, alcune delle quali meno emozionanti e trascinanti delle precedenti, ripropone tutti gli ingredienti che avevano fatto la felicità dei più piccoli sei anni fa, da un duo di protagoniste forti e carismatiche a uno scenario di ricchissimo impatto visivo, con più di un coreografia stupefacente e più di un passaggio commovente e da pelle d’oca, tra carezze e intimità, giochi dei mimi e cerchi della vita quasi alla Il Re Leone. Per non parlare, a proposito di creature, del vento Zefiro convogliato in un cavallo marino e di un nuovo dolce rettile a metà tra il drago Spyro e il Pokémon Bulbasaur (un’apparizione che, insieme ad altre analogie di trama, aveva portato qualche fan della serie HBO a scomodare Il trono di spade fin dall’uscita del trailer, con degli accostamenti tra il percorso di Elsa e quello di Daenerys).
La notizia, però, è che la Disney e il team dei realizzatori (la sceneggiatrice e regista Jennifer Lee, il regista Chris Buck e il produttore Peter Del Vecho) hanno alzato l’asticella degli spunti sul fronte della componente più adulta della narrazione. I temi più rilevanti, a questo proposito, sono l’armonia e la coabitazione tra popoli dalle origini molto diverse, a partire dagli abitanti della foresta di Arendelle, ma anche il senso di protezione, da ricercare insieme, contro la sensazione condivisa di percepire sulla propria pelle un pericolo comune. Qualcosa di molto attuale, di questi tempi, perfino di politico, che Frozen 2 declina attraverso un susseguirsi di eventi più ingarbugliato e accelerato ma anche più stimolante rispetto al primo film.
Non è casuale, dunque, che l’ambientazione sia in questo caso meno raggelante e più autunnale: una cornice che investe naturalmente il rapporto di Anna ed Elsa ma anche Olaf, a questo giro il più sorprendente del gruppo: non solo il pupazzo di neve animato si cimenta con un esilarante riassunto di Frozen – Il regno di ghiaccio che è forse il momento in assoluto più divertente, ma nei suoi discorsi solo apparentemente buffi e sgangherati fanno capolino frasi sulla “teoria del progresso tecnologico come salvezza e condanna”, per rendere l’idea: una miriade di sassolini nello stagno disseminati a uso e consumo degli spettatori anagraficamente più in là con gli anni, che magari si recheranno in sala per accompagnare la prole festante rimanendo piacevolmente stupiti.
«Non vedo l’ora di essere vecchio per non preoccuparmi delle cose importanti», arriva a dire addirittura il personaggio doppiato nella versione italiana da Enrico Brignano. Frozen 2 invece, restando ancorato allo stupore infantile della fetta più larga del suo pubblico, ma dimostrando allo stesso tempo non poco coraggio, delle cose importanti si preoccupa eccome, associando caldi abbracci e scie luminose a una riflessione sulla memoria come materia liquida, fluida: una sorta di regno ideale, nel quale «l’acqua ricorda ogni cosa» e dal quale non si può prescindere, perché abitato da emozioni primarie e indispensabili, impossibile da cristallizzare con qualsivoglia incantesimo.