Frozen - Il regno di ghiaccio: la recensione di Silvia Urban
telegram

Frozen – Il regno di ghiaccio: la recensione di Silvia Urban

Frozen – Il regno di ghiaccio: la recensione di Silvia Urban

Il tentativo di ripristinare la magia dei vecchi classici risale a qualche anno fa, con La principessa e il ranocchio, prima, e Rapunzel, poi. Ma è con Frozen – Il regno di ghiaccio che la Disney ritrova gli elementi della tradizione – principesse comprese; qui ce ne sono ben due! – e li amplifica grazie alle meraviglie tecnologiche di ultima generazione, già esplorate con successo dalla Pixar.
Un classico 2.0 – si potrebbe definire – dove la grafica digitale si mette a servizio dello sviluppo narrativo e dei personaggi, rendendo l’intera confezione preziosa, perfetta. Con una colonna sonora che torna a essere travolgente e parte integrante del racconto, grazie ai numerosi numeri musicali che completano la sceneggiatura. Merito delle canzoni originali di Kristen Anderson-Lopez e Robert Lopez, oltre alle musiche di Christophe Beck, già compositore del cortometraggio premio Oscar Paperman.

La fiaba originale di Hans Christian Andersen è solo il pretesto per sviluppare una storia nuova, che vede al centro due sorelle (Elsa e Anna, doppiate da Serena Autieri e Serena Rossi), innamorate l’una dell’altra eppure divise da un segreto che nel corso degli anni le ha allontanate. La situazione si raggela (letteralmente!) quando, alla morte del re e della regina di Arandelle – i genitori –, Elsa succede di diritto al trono in quanto primogenita. Durante la festa di incoronazione, incapace di controllare il ghiaccio e la neve che le sue mani sono in grado di scatenare, mostra a tutti i poteri fino ad allora tenuti nascosti. La vera avventura parte da qui. Dal viaggio che Anna compie per ritrovare la sorella, fuggita sulle montagne, e liberare il regno dall’inverno senza fine a cui involontariamente Elsa lo ha condannato. Al fianco della principessa tre compagni di viaggio d’eccezione, investiti del ruolo – efficacemente assolto – di spalle comiche: Kristoff, un rozzo venditore di ghiaccio che si innamora di lei, la sua renna Sven e soprattutto il pupazzo di neve Olaf (gli dà voce Enrico Brignano), che grazie alla sua dimensione slapstick (è smontabile) è autore delle gag più divertenti.

Un’avventura che non conosce sosta, soprattutto per lo spettatore, catapultato all’interno di uno scenario glaciale ricreato con maestria (i registi Chris Buck e Jennifer Lee, insieme alla troupe, hanno compiuto ripetuti sopralluoghi nei territori nordici per studiare la consistenza delle neve, il riflesso della luce sul ghiaccio, la struttura dei fiordi). E conteso, a livello emotivo, dai personaggi. Se Anna riesce a far breccia fin da subito, grazie a una spigliatezza che ricorda da vicino quella della “collega” Rapunzel – è esuberante e sognatrice –, l’empatia con Elsa si sviluppa più lentamente fino a culminare nel brano “All’alba sorgerò” (cantato da Serena Autieri all’interno del film e da Martina Stoessel, meglio conosciuta come Violetta, nei titoli di coda), durante il quale la Regina delle Nevi si autoesilia nel suo castello di ghiaccio. Una sequenza musicale di forte impatto visivo che chiarisce il suo dolore interiore e la verità dietro un gesto tanto radicale. Non è lei il personaggio cattivo del film e la certezza arriva quando il vero villain si rivela; un coup de théâtre capace di spiazzare tanto il pubblico quanto i protagonisti. Improvvisamente il clima ironico e leggero, che fino ad allora era stato garantito dai siparietti affidati a Kristoff, Sven e Olaf, si incupisce per innescare il climax conclusivo. Che porta con sé anche il messaggio del film: la soluzione a ogni problema o pericolo è da ricercare tra le mura domestiche. La famiglia è l’emblema e l’espressione dell’amore più sincero, puro e istintivo. Certo, anche quello romantico – che pure nel film non manca – ha il suo valore, ma è anche un sentimento più fragile, esposto a tentazioni e contaminazioni. Quando Elsa e Anna si ritrovano in un abbraccio caloroso, ritornano alla mente le parole che Mufasa rivolge a Simba in sogno: «Ricordati chi sei, da dove vieni». Il riferimento non è casuale: Frozen, come Il Re Leone, è una meraviglia per gli occhi, le orecchie e il cuore.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
Il ritorno alla miglior tradizione Disney, laddove la magia della storia, la forza dei personaggi e la colonna sonora travolgente vengono impreziositi dalla grafica digitale.

Non mi piace
Qualcuno potrebbe trovare eccessiva la quantità delle canzoni.

Consigliato a chi
Ama i grandi classici Disney.

Voto
5/5

© RIPRODUZIONE RISERVATA