È Gotham City, eppure è Manhattan, si vede lontano un miglio, con i suoi ponti che la tengono ancorata al mondo, con la severità geometrica dei suoi grattacieli, con il suo sottosuolo che viene affondato in voragini dalla violenza terroristica.
Ritorna la città, continuamente, ne Il cavaliere oscuro – Il ritorno: le panoramiche aeree sui palazzi sono come un intercalare in un discorso più ampio, tra le sequenze d’azione e i lunghi dialoghi, tra il prologo e il viaggio, tra l’uscita di scena e il ritorno dell’eroe. Batman, secondo Nolan, è quella città, e quindi quel mondo – il nostro mondo – di cui è capitale finanziaria e dell’immaginario. Raramente c’è stato cinema fantasy che così profondamente abbia invertito la percezione di ciò che è reale e ciò che è fittizio di un luogo (come già accadeva con Inception).
In questa cornice di radicale contemporaneità, tra Borse gemelle di Wall Street e i saloni di una incosciente aristocrazia finanziaria, si chiude la sua trilogia del Cavaliere Oscuro. E si chiude con un noir fluviale e contorto, che si prende tempi inconcepibili per un blockbuster, con un primo atto infinito e lunghissime descrizioni d’ambiente: monta, mattoncino dopo mattoncino, l’Apocalisse di un mondo e di un immaginario, sottolineata da una colonna sonora in perenne sospensione della nostra curiosità, un’atmosfera benissimo suggerita già dai trailer che circolano da mesi. Monta e ha le fattezze di un villain placido e implacabile, feroce ma di una ferocia tranquilla e irremovibile: il Bane di Tom Hardy non ha l’istrionica, selvaggia imprevedibilità del Joker, ma una molto più prosaica, spaventosa, pervicacia distruttrice. E funziona benissimo nello show, quanto funziona l’acrobatica ladra Selina Kyle, Catwoman solo per tradizione fumettistica (le orecchie stesse non sono orecchie, sono occhiali ritirati sulla testa), sempre sul confine tra tradimento e alleanza con l’Eroe.
E tuttavia l’ultimo Batman di Nolan è anche un film ricco di simboli e metafore, costruito per parabole a volte ingenue, che parla di scelte e sacrifici, di legami di sangue e d’amore, di paura della morte propria e dei propri cari, di coraggio e senso di responsabilità, rinvigorendo questioni abusatissime – e di credibilità azzerata proprio da anni di blockbuster supereroistici – grazie all’elegia metropolitana di cui parlavamo, e ai suoi tratti storici. Suggerendo che se al cinema non si può più partire dai volti e dalle maschere per costruire storie suggestive di superuomini – non, per lo meno, nell’epoca delle pur gradevoli “farsette” Marvel – forse bisogna ripartire dalla pietra e dal calendario, dai nostri luoghi e dai nostri tempi.
In questa contrapposizione tra il piano simbolico e il piano storico, che determina per altro la grandezza e l’originalità del film, sta però anche la sua fragilità strutturale. Se i legami tra i personaggi si fanno via via sempre più chiari, tra svelamenti azzeccati e ingressi in scena attesissimi che faranno la felicità dei fan e il divertimento degli spettatori tutti (gran bel finale…), le ragioni dei personaggi sembrano – questo è il problema – più legate alle necessità del Nolan autore che a quelle della storia, attorcigliandosi disordinatamente su se stesse, un po’ come accadeva in Inception (SPOILER – L’energia pulita, la Bomba, la Rivoluzione, Gotham riconsegnata ai suoi cittadini, e poi invece l’Anarchia, il Caos che richiama il Joker – ma senza Joker, e al suo posto lo Spaventapasseri – e poi infine l’Amore, quello filiale e quello romantico, come motore di tutto… un groviglio esagerato, con buoni e cattivi che perdono quasi i connotati – FINE SPOILER).
Gioverebbe quindi ora, al regista dai tratti nordici che ha rifatto il Cinema pop a sua immagine, una “cura dimagrante”, qualcuno che lo riporti alla misura, che gli comunichi la possibilità di fare film non superficiali senza neppure affondarli nei recessi di un mondo iper-stratificato di ragioni, testimonianze, riferimenti alti e bassi, richiami alla storia e alla politica.
Resteranno però, senza dubbio, di lui e di questo cinema (e personalmente il confronto con il pur notevole Batman di Burton ci fa al massimo sorridere) la loro arroganza realista, simulatrice. Macchine meravigliose e impossibili, basi sotterranee, cascate, edifici dai doppi e tripli fondi, prigioni nel deserto, pozzi di luce, gigantesche piattaforme idrauliche, tutto costruito materialmente e a suon di milioni per i nostri occhi, sotto una neve artificiale, e bagliori d’Apocalisse. Gotham City, New York, Cinema, Realtà.
Leggi la trama e guarda il trailer
Mi piace:
L’ambizione di Nolan di fare fino in fondo del suo cinecomix un dramma noir, violento e romantico.
Nn mi piace:
Il groviglio di simboli e metafore in cui la storia si annoda nella seconda parte del film.
Consigliato a chi:
…vuol vedere come va a finire.
Voto:
4/5