Kung Fu Panda 3: la recensione di Maria Laura Ramello
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Kung Fu Panda 3: la recensione di Maria Laura Ramello

Kung Fu Panda 3: la recensione di Maria Laura Ramello

L’atteso terzo capitolo della fortunata saga animata di casa Dreamworks (che per ora, nel mondo, ha guadagnato complessivamente 1.6 miliardi di dollari) arriva in sala e ci ri-catapulta nell’antica Cina, tra Maestri di Kung Fu non convenzionali, noodle e ravioli al vapore.

Dopo un incipit nel mondo degli spiriti in cui facciamo conoscenza del perfido Kai – deciso a tornare nel mondo dei vivi e assorbire il Ki (l’energia) di chiunque gli si pari davanti – ritroviamo Po, ormai eletto a star del suo villaggio dopo gli atti di eroismo dei precedenti episodi. Tutto preso dalla sua nuova carica di Maestro (ora che Shifu si è ritirato a vita contemplativa), Po ha non pochi problemi nell’insegnare il Kung Fu ai Cinque Cicloni.

Come se non bastasse, gli allenamenti sono interrotti da due avvenimenti imprevisti: l’arrivo del padre biologico di Po e l’arrivo in Cina del perfido Kai. Se l’arrivo di Kai, aka il crea-vedove, impegnerà Po in uno scontro all’ultima mossa di Kung Fu, l’arrivo del papà biologico (guardato con estremo sospetto da papà-adottivo-oca Mr. Ping) porterà il panda a scoprire la sua vera natura, ma non solo.

L’animazione, che mixa suggestioni cinesi e giapponesi in una splendida tavolozza di colori, si conferma spettacolare, così come l’uso intelligente della terza dimensione. Ma la forza di Po, e della saga che porta il suo nome, sta nell’aver trovato il giusto equilibrio tra slapstick, tenerezza e messaggi veicolati. In questo episodio, che conquisterà il cuore degli adulti ancor più di quello dei piccoli, Po imparerà una grande lezione: è la nostra specificità a renderci forti. Per dirla con altre parole, solo apparentemente banali: è ciò che siamo che ci rende ciò che siamo.

Sul versante “politico” Kung Fu Panda 3, tralasciando le interpretazioni di convenienza figlie del tempo che viviamo in Italia, è sicuramente espressione di una sensibilità progressista, e il fatto che ci si trovi di fronte a un figlio con due papà (uno adottivo e uno naturale) non è indifferente.
Ma il film si è anche fatto promotore, negli States, di un’iniziativa dell’U.S. Department of Health and Human Services per sensibilizzare alla “paternità responsabile”.

Leggi la trama e guarda il trailer.

Mi piace: la semplicità con cui sono veicolati messaggi profondi.

Non mi piace: l’azione un po’ ripetitiva rispetto ai film precedenti.

Consigliato a chi: cerca un film d’animazione con chiavi di lettura non banali e una sensibilità originale.

Voto: 3/5

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