Grande fucina di storie la Crisi, specie per il cinema italiano che su precariato e dissesto finanziario sta costruendo una ricca filmografia. In cui entra a far parte di diritto il nuovo film di Francesco Patierno, autore di una drammaticissima opera prima come Pater Familias, ora costretto a ripiegare sul genere della commedia. Prova a farlo a modo suo, un po’ sulla scia di Virzì, che però ha scelto un genere opposto e ben preciso, quello del noir-thriller.
Patierno, invece, con La gente che sta bene confeziona una commedia venduta come divertentissima, ma con effetti più grotteschi che scanzonati. A reggere il tutto, mattatore indomabile, è Claudio Bisio. Parlantina a raffica, cinismo a palate, rampantismo accecante, è l’avvocato Umberto Dorloni, socio di un importante studio milanese che pur di arrivare non si fa alcuno scrupolo e se deve silurare un collega lo sbertuccia pure. Un uomo così preso dalle sue ambizioni da non rendersi conto dello scontento della moglie Carla (Margherita Buy), dei problemi della figlia adolescente Martina e del significato delle simulazioni di morte del figlio più piccolo Giacomino.
Finché la crisi non tocca anche lui e alcuni passi falsi negli affari non gli costano il licenziamento, senza scalfire più di tanto la sua faccia tosta, tanto che rimonta subito in sella affiliandosi a un centro di avvocati internazionali guidato dal più prestigioso legale italiano, tal Patrizio Azzese (Diego Abatantuono). Ma è solo un sollievo momentaneo. Il suo mondo di vacue certezze comincia a sgretolarsi dalla decisione di Carla di separarsi, dopo che Umberto non ha accolto con gioia la notizia della sua maternità tardiva e le ha anzi consigliato di disfarsi in fretta del nascituro. Neanche questa batosta lo risveglia, tanto da ritrovarsi clandestinamente tra le braccia della bellissima moglie di Azzese, non a caso di nome Morgana come l’incantatrice (che ha il viso e il corpo mostrato nudo in un paio di scene della statuaria modella venezuelana Jennifer Rodriguez).
Parentesi amorosa che si rivela anch’essa una fragile illusione fino al ribaltamento dell’idilliaco quadretto a causa di un tragico evento: la chiave di volta. Il film scopre la trama del suo disegno e svela le sue magagne, dirottando in modo brusco e troppo repentino dal registro comico a quello drammatico, con tanto di risvolti thriller. Un cambiamento di tono che cambia la faccia al film e lascia lo spettatore perplesso e incredulo. Da canzonatore un po’ beota, Dorloni diventa un uomo affranto e macerato dai sensi di colpa che comprende tutto d’un tratto quanto l’unica cosa che conti davvero sia la famiglia e quanto siano fondamentali valori che non sembrava neppure possedere.
Il risultato è uno strano ibrido, che aveva nobili intenzioni purtroppo non andate a segno, lascia l’amaro in bocca e un po’ intristisce nella conclusione.
Mi piace: l’impegno a costruire una commedia non frivola
Non mi piace: l’ibrido non riuscito di commedia e thriller-drama
Consigliato a chi: ai fan sperticati di Bisio
VOTO: 2/5
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