Avevamo conosciuto Ralph Spaccatutto, nel film d’animazione omonimo del 2012, in qualità di villain di un videogame per protagonista la sua nemesi affettuosa e positiva, Felix Aggiustatutto. Una riflessione ludica e straordinariamente ironica sul ruolo del cattivo e i suoi condizionamenti psicologici e sociali, una lente d’ingrandimento tanto su un archetipo fiabesco incancellabile e valido dalla notte dei tempi quanto sul rapporto tra questa maschera e gli stereotipi che essa inevitabilmente porta con sé.
Sei anni dopo (lo stesso arco temporale della narrazione), ecco arrivare il sequel Ralph spacca Internet in cui il nostro irresistibile (anti)eroe, insieme alla sua compagna di avventure Vanellope von Schweetz, dovrà viaggiare per i mille canali del Wold Wide Web in cerca di un pezzo di ricambio utile per salvare Sugar Rush, il videogioco cui appartiene la sua migliore amica. Dal mondo dei videogiochi arcade passiamo dunque, tramite connessione Wi-Fi, a quello della rete, ma la sostanza non cambia: il gigante e la bambina, ancora una volta, si ritroveranno alle prese con uno strabiliante quanto stratificato universo costellato di avventure e di pericoli, costruito su misura per una strana coppia destinata a convivere in maniera sorprendente e illuminante e a gettare il cuore oltre qualsiasi ostacolo.
Fare i conti con la contemporaneità in maniera così frontale, per di più all’interno di un prodotto commerciale indirizzato a una fetta larghissima di pubblico, richiede un grandissimo equilibrio narrativo. Uno sguardo acuto sul presente in grado di bilanciare stimoli e spinte, input ed energie, pacchetti di informazioni e modelli culturali (leggasi: marchi) globalizzati, largamente diffusi, comunemente accettati (è la rete, bellezza).
Nessuno, di questi tempi, può fare tutto ciò meglio della Disney, colosso culturale, produttivo e imprenditoriale chiamato a far coesistere sotto la sua ala protettiva, e in virtù delle sue acquisizioni capillari, mondi a dir poco eterogenei. Mantenendo al contempo intatta la sua unicità e continuando a riflettere senza sosta sul proprio patrimonio di segni, modelli, simboli.
In Ralph spacca Internet, che raffigura tutto ciò nella maniera migliore e più esaustiva, non a caso vengono chiamate a raccolta tutte le principesse disneyane in un’unica scena (una sequenza che fa il pieno di autoironia e che rimarrà scolpita nell’immaginario collettivo per la sua forza iconica), ma fanno capolino anche l’universo di Guerre Stellari (gli Stormtrooper in qualità antivirus) e quello della Marvel (Stan Lee e l’affettuosa presa in giro di Groot). Galline dalle uova d’oro perfettamente inserite, in questo caso, dentro il mito della casa di Topolino.
L’aspetto davvero ammirevole anche se non inedito di Ralph spacca Internet è però, grattando la superficie, la capacità di far coesistere l’epica della Disney con il lato oscuro e i pericoli del presente. Di suggerire una via per esorcizzarli, per incorporare dentro di sé le implicazioni più scivolose e controverse della realtà e generarsi da soli un antidoto per sopravvivervi. Rarissimo da agguantare e non certo, in fin dei conti, rintracciabile su eBay.
Ciò che faceva Inside Out della Pixar, modello aureo e insuperabile, suggerendo la necessaria accettazione della “tristezza” per diventare adulti, Ralph spacca Internet, pur senza raggiungere il medesimo spessore poetico e cinematografico, lo fa con l’odio veicolato via Internet. Suggerisce, umilmente ma inequivocabilmente, una via per silenziare la ferocia degli hater, per coniugare mente e cuore. Oltre la sterilità dei like, la retorica dei cuoricini, la dittatura del consenso e del dissenso un tanto al chilo, la montagna montante di amici e/o seguaci. Magari, come suggeriva il primo film, affrontando la vita, in primis quella digitale, una partita alla volta.
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