Dahmer, Ryan Murphy si scaglia contro la decisione di Netflix: «Non tutte le storie gay devono essere felici»
telegram

Dahmer, Ryan Murphy si scaglia contro la decisione di Netflix: «Non tutte le storie gay devono essere felici»

Il celebre autore ha criticato il fatto che la piattaforma abbia rimosso l'etichetta LBGTQ+ dallo show sul Mostro di Milwaukee.

Dahmer, Ryan Murphy si scaglia contro la decisione di Netflix: «Non tutte le storie gay devono essere felici»

Il celebre autore ha criticato il fatto che la piattaforma abbia rimosso l'etichetta LBGTQ+ dallo show sul Mostro di Milwaukee.

dahmer ryan murphy

Non si placano le polemiche attorno alla serie Dahmer, nuovo prodotto Netflix che punta a raccontare la terrificante storia del Mostro di Milwaukee. Oltre ad essere stata pesantemente criticata dalle famiglie delle vittime del cannibale, la serie è stata oggetto di provvedimenti da parte di Netflix.

Alcuni spettatori e membri della comunità LGBTQ+ si sono infatti lamentati del fatto che lo show presentasse l’etichetta che identifica le storie collegate a personaggi omosessuali, transessuali e via dicendo. Un tag solitamente riservato per altro genere di prodotto e che, si temeva, avrebbe potuto mettere in cattiva luce una comunità e un movimento ancora attivamente in cerca di piena integrazione nella società.

Netflix ha deciso di andare incontro a questo malcontento e ha tolto l’etichetta, scatenando però così la rabbia di Ryan Murphy, creatore della serie Dahmer. Durante un’intervista con il New York Times, il celebre autore ha contestato la decisione della piattaforma: «Non penso che le storie gay debbano essere tutte storie felici» ha detto.

Poi, è entrato nel merito: «C’è stato un momento in cui Netflix ha rimosso il tag LGBTQ da Dahmer, non mi è piaciuto e ho chiesto come mai l’avessero fatto, hanno risposto che le persone erano infastidite perché era una storia triste. Ho pensato ‘Beh, sì!’. Ma era la storia di un uomo gay e, ancora più importante, delle sue vittime gay».

Per Murphy, la serie con protagonista Evan Peters nei panni di Jeffrey Dahmer – assassino di almeno 17 uomini tra il 1978 e il 1991 – ha proprio questo punto di forza: «È la cosa più grande che abbia vista ad esaminare quanto sia facile farla franca quando ci sono certi privilegi bianchi. Quali sono le regole adesso? Non potremo più fare film su un tiranno?». In particolare, nel sesto episodio ci sono tre uomini gay e sordi che parlano tramite linguaggio dei segni di quanto sia difficile la vita per gente come loro: «Non potevo credere al fatto che avessi avuto in dono la possibilità di mettere una scena del genere in televisione».

Come detto, però, non è l’unica polemica che Dahmer e il suo creatore ha dovuto affrontare: lo show è accusato di tentare di “riqualificare” il protagonista e di lucrare sulla tragedia senza coinvolgere neppure i parenti delle vittime. Ryan Murphy ha respinto queste accuse: «Nel corso dei tre, tre anni e mezzo che abbiamo passato a scriverla e lavorandoci sopra, abbiamo contattato 20, circa 20 delle famiglie e degli amici delle vittime, cercando di ottenere un input, cercando di parlare con le persone, e non una sola di queste ci ha mai degnato di una risposta. Quindi abbiamo fatto molto affidamento sul nostro incredibile gruppo di ricercatori» ha detto.

Foto: MovieStills

Fonte: NYT

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA