Dickinson è tra le quattro serie originali di Apple TV+, piattaforma di streaming dell’azienda di guidata da Tim Cook che da tre settimane si è affacciata nel mondo delle serie TV originali.
Si tratta del primo servizio di streaming ad arrivare in maniera globale sin dal primo giorno, esordendo cento di paesi del mondo con un catalogo tutto da riempire e popolato soprattutto dalle prime quattro serie originali.
Una di queste è Dickinson, forse la più anomala del gruppo, quella meno legata a modelli narrativi già visti e più interessata a dire qualcosa di nuovo. Inizialmente si trattava della serie meno spinta da Apple, perché a differenza degli altri show non ha attori hollywoodiani dallo star power clamoroso, né autori del calibro di Steven Knight o Roland D. Moore e quindi è arrivata un po’ in sordina, essendo tra l’altro anche l’unica ad essere rilasciata integralmente, mentre per le altre tre (di cui parleremo nelle prossime settimane) dopo i primi tre episodi di lancio è partita una distribuzione su base settimanale.
Sono forse anche queste caratteristiche che hanno permesso alla serie di rischiare e alla produzione di scommettere sul talento della giovane autrice Alena Smith alla scrittura e sull’esuberante interpretazione di Hailee Steinfeld nei panni della protagonista, le cui doti non sono proprio una sorpresa, se si pensa per chi ha visto The Edge of Seventeen.
Come raccontare la vita e le opere di Emily Dickinson senza rischiare di fare l’ennesimo period drama incartapecorito? L’autrice ha effettivamente un’idea molto forte, perché sceglie di riportare in vita la poetessa nel proprio tempo ma con gli occhi di un’adolescente contemporanea e con uno stile e un formato narrativo in grado di dinamizzare la ricostruzione e leggere la storia da un’altra prospettiva.
La poetessa viene dunque ritratta come una donna affascinata dalla morte ma non nella chiave tenebrosa e autodistruttiva che ci è sempre stata riportata e soprattutto, a partire da ciò che ha scritto nelle lettere alla cognata e amante Sue, viene rappresentata come una donna piena di ironia, voglia di affermarsi e desiderio amoroso e sessuale. La colonna sonora è infarcita di pezzi di Lizzo, Billie Eillish, A$AP Rocky e Mitski, ed è utilizzata per creare strette correlazioni tra il passato e il presente, ritraendo la protagonista come una donna imprigionata in un tempo completamente paralizzato, riflettendo così sul fatto che non poche problematiche nell’ultimo secolo e mezzo sono state risolte solo in superficie.
L’agile formato da venticinque minuti consente di articolare la serie in modo dinamico e dedicare ogni episodio a una questione specifica, dal razzismo alla creatività femminile, dall’amore lesbico al desiderio sessuale, dal rapporto padre figlia, alla mascolinità tossica. Il tutto condito da un cast davvero eccellente, non solo nei ruoli ricorrenti ma anche nelle guest, tra cui spiccano il comico John Mulaney nei panni di Henry David Thoreau, il rapper Wiz Khalifa nei panni della Morte e Zosia Mamet in quelli Louisa May Alcott.
Insomma, Dickinson è una serie convincente e originale, un modo interessante per fare un discorso sull’arte femminile in modo non paternalista e al contempo divertente grazie a un piglio satirico a tratti esilarante.
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