La prima volta che ho cercato informazioni su Gareth Evans è stato dopo aver visto Merantau (2009), il suo secondo film (l’esordio è Footsteps, 2006, un semi-amatoriale poco più che scolastico): IMDb diceva solo che era gallese e che era alto 1 e 90, e non spiegava ad esempio cosa ci facesse in Indonesia. Merantau consisteva nelle prove generali: c’era Iko Uwais, c’era Yayan Ruhian, ed era girato in un Paese che fino a quel momento non era sul radar nemmeno degli appassionati.
The Raid (2011), di nuovo girato in Indonesia, di nuovo con Iko protagonista e Yayan avversario, è arrivato subito dopo, e il cinema non è più stato lo stesso. Raro film di arti marziali capace di sfondare fuori dai confini della propria nicchia – al Sundance, addirittura! – The Raid ha imposto un nuovo stile di combattimento, un nuovo modo di coreografare le scene d’azione e un regista talentuoso e già pienamente formato, che aveva preso una trama minimalista e ne aveva tirato fuori un thriller devastante, teso, sanguinoso, altamente spettacolare e senza un solo attimo di pausa.
Di colpo tutti gli occhi erano su di lui: si imparava finalmente che dal nativo Galles era stato ingaggiato per andare a Giacarta a girare un documentario sul pencak silat, violentissima arte marziale tradizionale. Ne era rimasto affascinato e aveva deciso di girare un film con il maestro della scuola locale (Yayan) e un suo studente che stava lavorando come fattorino (Iko). Ma la passione di Gareth era più ampia di così: The Raid 2 (2014) sviluppa immediatamente il mondo attorno al primo film infilando il protagonista in una storia ad ampio respiro tra famiglie criminali rivali, ed è sempre questo tipo di storia ad essere alla base di Gangs of London, il suo nuovo lavoro.
Mentre Iko e Yayan diventano superstar, comparendo insieme in Star Wars – Il risveglio della forza (2015) e finendo poi il primo in Red Zone (2018) a fare coppia con Mark Wahlberg e il secondo in John Wick 3 (2019) a scontrarsi con Keanu Reeves, Gareth si concede una deviazione horror con Apostolo (2018) e poi coglie l’occasione giusta: Gangs of London gli viene offerto come titolo per un potenziale franchise, ma una sua vecchia idea per una storia ambientata nelle regioni del Sud-Est asiatico pare adattarsi perfettamente. Più interessato a esplorare personaggi secondari e sottotrame piuttosto che allo sviluppo dritto di una trama centrale, Gareth suggerisce di trasformarla in una serie Tv.
«Ero ispirato dai vecchi film di criminalità giapponesi e di Hong Kong. Mi piacciono le storie che narrano di diverse fazioni, rivalità, tradimenti, e volevo raccontare una storia mitica che partisse dall’omicidio di un importante capo mafioso per poi espandere le sue conseguenze in diverse sottotrame, ognuna che esplorasse diverse famiglie e differenze culturali. Spostare la storia a Londra è stato semplice, si tratta anche quello di un luogo in cui convivono culture e linguaggi diversi, e ci tenevo a scegliere attori che potessero usare il loro accento naturale».
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