Gomorra, una stagione atipica e dal finale imprevedibile – la recensione
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Gomorra, una stagione atipica e dal finale imprevedibile – la recensione

Dopo le prime valutazioni legate alla metà iniziale della stagione, ecco il bilancio finale sulla quarta annata di Gomorra

Gomorra, una stagione atipica e dal finale imprevedibile – la recensione

Dopo le prime valutazioni legate alla metà iniziale della stagione, ecco il bilancio finale sulla quarta annata di Gomorra

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Dopo i primi accattivanti episodi, che hanno costantemente offerto punti di vista differenti, sballottando lo spettatore da un focus all’altro, la quarta stagione di Gomorra arriva alla sua conclusione unendo finalmente tutte le storyline, forse un po’ troppo tardi ma riuscendo comunque a realizzare un finale efficace e sorprendente.

Come scritto nella recensione iniziale con cui abbiamo introdotto la stagione, la domanda più complicata a cui rispondere sulla carta era: come ovviare all’assenza di Ciro? La risposta degli autori in questa annata è stata in parte soddisfacente, mostrando un’alternanza di prospettive che in passato, vista la centralità dell’Immortale, non hanno mai avuto il giusto spazio. In questo senso non sono stati pochi gli episodi ottimi, soprattutto perché svincolati dalla tradizionale routine legata al clan Savastano.

A prendere il posto di Ciro è stata soprattutto Patrizia, donna venuta dal basso che grazie a qualità umane e strategiche di primo livello e alla fortuna di trovarsi al posto giusto al momento giusto. Grazie anche alla volontà di Genny di costruirsi una verginità facendo affari nel modo più lecito possibile e scollato dalla criminalità organizzata, Patrizia diventa il boss di Secondigliano, uno degli anelli principali di una catena che vede i clan di Napoli legati da un fragile equilibrio.

In questo senso gli autori sono stati molto bravi a raccontare una prospettiva criminale in cui al cambiamento di genere del boss consegue anche una visione del mondo differente e soprattutto una sequenza di difficoltà che aumenta in maniera esponenziale. Patrizia infatti non riesce mai a dimostrare la propria autorevolezza, non tanto per demeriti propri quanto per una cultura che non legittima le donne, che le vorrebbe a casa e sempre un passo indietro rispetto agli uomini, e che quando acquistano un minimo di potere e centralità ne è intimorita e cerca in tutti i modi di azzopparle, di rimetterle al posto in cui stavano.

Patrizia viene attaccata da più fronti e il suo potere si indebolisce sempre di più anche perché non ha nessun appoggio, neanche dal marito, il quale invece di essere al suo fianco è sempre spaventato dalla sua personalità e non manca anche lui di comportarsi in maniera condiscendente e paternalista, decidendo per due più di una volta.

Questo tipo di arco narrativo, per quanto abbastanza prevedibile, è funzionale anche alla realizzazione di un momento che fonde il passato carcerario che abbiamo visto con Pietro Savastano e l’immaginario di Orange Is the New Black. Forse la cosa meno interessante è proprio la fuga dal carcere, sia perché a quel punto l’invincibilità di Genny rende tutto un po’ prevedibile, sia perché il momento più intrigante è il confronto tra Patrizia e Ruggieri, personaggio arrivato in sordina ma che a fine stagione si configura come uno dei più interessanti per il futuro della serie.

A questo proposito va sottolineato come Gomorra ha iniziato a prendere una direzione molto interessante e inedita: con il personaggio di Ruggieri è entrata nella serie la Legge, di cui lui è il rappresentante in carne e ossa. I suoi iniziali confronti con Genny lo configuravano come un ostacolo sul percorso del protagonista e niente di più, ora invece la sia figura è diventata molto più complessa.
Accanto alla questione personale aperta con Genny, va considerato il fatto che il magistrato apre uno scenario in cui nel racconto della serie che è da sempre stato dominato da una prospettiva esclusivamente criminale si inserisce anche la giustizia, attraverso un testimone non certo integerrimo, ma proprio per questo inquadrabile come umanissimo rappresentante di un mondo estraneo alla camorra, che potrebbe emergere in maniera più decisa nella quinta stagione, soprattutto se dovesse essere la conclusiva come sembra.

Prima di concludere la recensione non possiamo non concentrarci un attimo sulla sequenza conclusiva della stagione, alla quale segue il teaser del film dedicato a Ciro che arriverà nelle sale a Natale. Genny viene pervaso nuovamente dalla sua natura criminale, soprattutto perché dopo tante batoste capisce che l’unico modo per salvare Azzurra e Pietro è quello di sacrificarsi, sistemando tutte le faccende aperte e sparendo dalla circolazione, nella speranza (o illusione) che in sua assenza la moglie e il figlio abbiano un futuro migliore.
Il parallelo con Ciro è quindi lampante, in particolare grazie ai riferimenti ripetuti di Genny, ma diventa ancora più potente quando alla fine del teaser vediamo quello che potrebbe essere il più grande colpo di scena della serie, destinato a dividere in due il pubblico. Alla fine del video promozionale Ciro si muove e non avendolo mai visto morto questo genere di indizio potrebbe (ma non c’è alcuna certezza) suggerire che dopo il film dedicato al suo passato, il personaggio potrebbe anche fare un clamoroso ritorno a sorpresa.

Toccherà aspettare tanti mesi per scoprirlo, intanto ci accontentiamo di una stagione forse meno riuscita delle altre ma comunque di ottima qualità, soprattutto rispetto al contesto televisivo italiano.

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