Homemade: 17 cortometraggi girati in lockdown, da Sorrentino a Kristen Stewart. La recensione
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Homemade: 17 cortometraggi girati in lockdown, da Sorrentino a Kristen Stewart. La recensione

Arriva su Netflix Homemade: un viaggio nell'emergenza sanitaria globale, attraverso 17 brevi film realizzati da grandi autori. C'è di tutto, dal musical domestico al dramma fantascientifico, fino a una specie di spin-off di The New Pope firmato da Paolo Sorrentino

Homemade: 17 cortometraggi girati in lockdown, da Sorrentino a Kristen Stewart. La recensione

Arriva su Netflix Homemade: un viaggio nell'emergenza sanitaria globale, attraverso 17 brevi film realizzati da grandi autori. C'è di tutto, dal musical domestico al dramma fantascientifico, fino a una specie di spin-off di The New Pope firmato da Paolo Sorrentino

Paolo Sorrentino su Netflix con Homemade

Homemade è il riflesso di un’opportunità che molti hanno colto fin dai primi giorni della pandemia: l’esistenza di un trauma globale, vissuto cioè in modo quasi identico a tutte le latitudini, ha una ricaduta creativa altrettanto globale, permette un confronto diretto tra linguaggi e sensibilità (a differenza ad esempio di traumi non globali come l’11 settembre, o qualsiasi altra guerra, attentato e disastro naturale, le cui “onde d’urto sociali” perdono di consistenza man mano che ci si allontana dall’epicentro).

Nasce così questa serie Netflix, composta di 17 cortometraggi di una durata compresa tra i sei e i dieci minuti, affidati ad autori e autrici che si sono trovati ad affrontare il lockdown in diverse parti del mondo, dalla California al Giappone, dalla Francia al Messico, dalla Scozia al Cile. Corti per lo più girati in casa, con l’aiuto di familiari e amici, e poi postprodotti in Rete.

La prima cosa che salta all’occhio è che, con la sola eccezione dell’ottimo film di Maggie Gyllenhaal, che è pura science fiction, tutti gli altri lavori fanno della pandemia e delle conseguenze del lockdown l’oggetto del racconto, oltre che la sua premessa produttiva. C’è purtroppo in questa scelta una forma di pigrizia che neutralizza gran parte delle potenzialità del progetto: i filmini domestici si assomigliano tutti e spesso non rispondono del contesto geografico. Sono addirittura cinque quelli che si concentrano sulla condizione di ragazzi e bambini in clausura, e se Rachel Morrison (direttrice della fotografia di Black Panther) scrive e recita fuori campo una bella lettera ai figli, Nadine Labaki tocca il punto più basso della collezione mostrando per cinque minuti in piano sequenza la figlia che improvvisa frasi senza senso nello studio di papà.

Ci sono però qua e là bei momenti di creatività che riconducono il trauma comune alla sensibilità specifica dei registi. Sorrentino gira una specie di spin-off di The New Pope affidando la recita a dei pupazzetti di cera, ma la scrittura dei dialoghi e il piacere delle contaminazioni pop (c’è anche un incursione del Drugo Lebowski) sono inconfondibili. Lady Lj usa le riprese via drone in modo molto simile a quanto fatto in Les Misérables. Il cinema panico e spirituale di Naomi Kawase trova la sua dimensione anche nei pochi minuti delle riprese dell’emergenza in Giappone (dove un vero e proprio lockdown non c’è mai stato).

Poi ci sono le soluzioni più originali, veri e propri esercizi di messa in scena e recitazione, che sono anche gli esiti più divertenti. Il migliore è quello di Pablo Larraín, che è tra i produttori esecutivi della serie, un corto tutto girato su Skype con l’anziano residente di una casa di riposo che contatta una vecchia fiamma, con tanto di colpo di scena e una scrittura formidabile. Sebastian Schipper (il regista di Victoria) realizza invece un corto dal montaggio sofisticato, in cui l’alienazione domestica di un uomo che vive la quarantena da solo si traduce in uno sdoppiamento e poi addirittura in una triplicazione dell’identità. Prova a fare qualcosa di simile Kristen Stewart, pasticciando con sogno, realtà e sfasamenti temporali, ma ne vengono fuori otto interminabili minuti di primi piani.
Mentre l’altro Sebastián, il cileno Lelio, costruisce un piccolo musical domestico con l’aiuto dell’attrice Amalia Kassai

Poco altro da segnalare: la voce fuori campo di Cate Blanchett nel corto di Ana Lily Amirpour, che gira in bici per una Los Angeles deserta; e magari le chiacchierate in chat di Rungano Nyoni, che durante il lockdown attraversa una crisi sentimentale e ne scherza su WhatsApp con le amiche (chat dove salta fuori perfino l’ex premier Berlusconi, nel momento più surreale di tutto il progetto).

Complessivamente un’occasione persa, ma con ottimi momenti di cinema sparsi qua e là. Per quel che dura (poco) è comunque un viaggio che vale la pena fare.

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