La regina degli scacchi, la consacrazione definitiva di Anya Taylor-Joy – La recensione
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La regina degli scacchi, la consacrazione definitiva di Anya Taylor-Joy – La recensione

Una serie che riesce a costruire tensione e adrenalina a partire dallo statico gioco degli scacchi non può che meritare attenzione

La regina degli scacchi, la consacrazione definitiva di Anya Taylor-Joy – La recensione

Una serie che riesce a costruire tensione e adrenalina a partire dallo statico gioco degli scacchi non può che meritare attenzione

La regina degli scacchi (in originale The Queen’s Gambit) arriva nel corso di un autunno particolarmente fruttuoso per Netflix, che dopo aver diviso la critica ma aver avuto tanto successo di pubblico con show come Ratched, Emily in Paris e The Haunting of Bly Manor, pare centrare ancora il bersaglio con questo nuovo show.

La serie è tratta dall’omonimo libro di Walter Tevis pubblicato per la prima volta nel 1983 ed è realizzata interamente da Scott Frank, il quale scrive e dirige tutti gli episodi. Il regista e sceneggiatore statunitense ha dimostrato di avere una discreta padronanza nella scrittura dei personaggi femminili nella miniserie western Godless e ha già dato prova delle sua qualità come coautore di Logan.

Al centro del racconto c’è la storia di Beth, donna che la serie segue dall’età di otto anni fino ai venti inoltrati. La prima parte racconta la sua fase infantile e la vita nell’orfanotrofio in cui è cresciuta; nel prosieguo degli episodi, poi, la serie analizza la sua crescita, lo sviluppo delle sue doti di giocatrice di scacchi e la dipendenza da droghe e gli effetti sugli psicofarmaci.

Da questa struttura narrativa, che vede la protagonista diventare sempre più consapevole delle proprie doti, si evince un tipico percorso antieroico, nel quale la protagonista prende consapevolezza del proprio talento e si eleva al di sopra delle altre persone, finendo anche per perdere di vista il rispetto nei loro confronti e l’importanza dell’ascolto del prossimo, in molti casi perché inebriata dal proprio potere.

Una struttura quindi abbastanza tradizionale (d’altronde Breaking Bad si muove su territori simili) a guidare uno show ottimamente girato e interpretato, basato su una storia solida che si nutre delle tantissime altre storie sui giovani prodigi che popolano il nostro immaginario e per questo sin dal primo momento parla al pubblico in maniera molto efficace. Il successo popolare infatti è stato considerevole, perché lo show di Scott Frank è andato ben presto al vertice di tanti trend e ha creato una grande quantità di discorsi sui social.

Una gran parte del merito va alla giovane e dotata interprete Anya Taylor-Joy, attrice che nella sua breve ma già eccellente carriera sta infilando una serie di ruoli decisamente perfetti per le sue qualità, recitando da protagonista in film come The Witch, Split ed Emma. Con questa interpretazione trova la sua definitiva consacrazione, spinta dal fatto che Netflix le ha permesso di avere un successo planetario.

La regina degli scacchi non è una serie che lascerà il segno nella storia della TV, né uno show che racconta un personaggio femminile particolarmente complesso e innovativo, ma è senza dubbio uno dei prodotti più godibili di questo periodo, grazie ad attori eccellenti, una storia di partenza intrigante e una realizzazione molto curata sin nei minimi dettagli, dai costumi alla ricostruzione d’epoca.

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