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X, la recensione del film di Ti West: un omaggio ai cult anni ’70 che fonde horror e cinema a luci rosse

Esce in sala, dopo l'anteprima al Best Movie Comics and Games, X - A Sexy Horror Story, lo slasher di Ti West in cui la troupe di un film a luci rosse affitta un capanno in una fattoria gestita da due vecchietti, senza sapere quello a cui andrà incontro. Un omaggio ai cult degli anni ’70, formalmente impeccabile, selvaggio, spiazzante e divertentissimo

X, la recensione del film di Ti West: un omaggio ai cult anni ’70 che fonde horror e cinema a luci rosse

Esce in sala, dopo l'anteprima al Best Movie Comics and Games, X - A Sexy Horror Story, lo slasher di Ti West in cui la troupe di un film a luci rosse affitta un capanno in una fattoria gestita da due vecchietti, senza sapere quello a cui andrà incontro. Un omaggio ai cult degli anni ’70, formalmente impeccabile, selvaggio, spiazzante e divertentissimo

x - ti west
PANORAMICA
Regia (4)
Sceneggiatura (3.5)
Interpretazioni (4)
Fotografia (4)
Montaggio (3.5)
Colonna Sonora (3.5)

Estate del 1979, profondo sud del Texas. Una piccola troupe – produttore, regista, microfonista, due attrici e un attore – affitta un capanno all’interno di una grande fattoria gestita da una coppia di anziani un po’ scontrosi ma apparentemente innocui. Siamo all’alba del mercato dell’home video e i sei sono lì per girare un film pornografico e farne migliaia di VHS, sigla ancora misteriosa ma dal suono che evoca guadagni principeschi. In realtà i due vecchietti, Pearl e Howard, sono molto meno tranquilli di quel che sembra. Mentre l’uomo spia perplesso e sempre più irritato le attività del gruppo, la donna manifesta appetiti sessuali che il set a luci rosse va ulteriormente a scaldare. E troppa energie repressa, senza sbocchi, prima o poi è destinata a deflagrare.

Dopo The Sacrament, Ti West torna a lavorare su tempi, luoghi e immaginari del cinema horror anni ’70, anche se con uno sguardo consapevole e perfettamente contemporaneo. Come spirito, insomma, X – A Sexy Horror Story è più vicino al falso d’autore della serie HBO The Winning Time che all’hardcore dei suoi modelli (a partire da Non aprite quella porta di Tobe Hooper), benché il film si lasci andare nell’ultima parte a una entusiasmante cavalcata di sangue, con un paio di sequenze veramente selvagge. È confortante che ci siano in giro registi che sanno fare un cinema del genere, perché se il destino dello slasher (e dintorni) – nudo e crudo, senza troppi voli pindarici – fosse affidato a pastrocchi come il reboot della saga di Leatherface visto di recente su Netflix, o a colossal “a tutti i costi” tipo gli ultimi Halloween, staremmo freschi. West invece ha un controllo assoluto della materia e sa perfettamente che direzione vuole prendere: sa che l’orrore nasce dalla repressione e che la repressione si origina dal desiderio, e va a innescare entrambi nel modo più semplice e rigoroso possibile, facendo deflagrare corpi giovani e decrepiti, e i due generi più incendiari per la morale.

Non è un’operazione pomposa, eh, non fraintendete. X non pretende di essere sofisticato, anzi: semmai rischia di esserlo perfino troppo. È proprio quando molla le redini e si abbandona ai suoi istinti, quando imbocca la china del B movie (senza mai scavallare), che il film dà il meglio di sé. Quando allarga lo sguardo (e le specie) e chiama in causa paludi e coccodrilli. Quando aggiunge i fucili ai forconi. Quando si fa strano e repellente ma anche a suo modo dolce e riflessivo, investendo sull’anima dei suoi protagonisti. Non a caso Pearl, l’anziana proprietaria della fattoria, interpretata (grazie a delle pesantissime sedute di trucco: si parla di dodici ore) dalla stessa Mia Goth che incarna la stellina del film porno, sarà anche protagonista di un prequel, che ne racconterà la gioventù e le origini dei bizzarri comportamenti. Perché X non è un gioco al massacro: è un massacro alla fine di uno studio di caratteri. A Tarantino dovrebbe piacere…

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