The Bad Guy: la mafia come raramente l'abbiamo vista, tra crime e dark comedy. La recensione dei primi episodi
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The Bad Guy: la mafia come raramente l’abbiamo vista, tra crime e dark comedy. La recensione dei primi episodi

Un giudice può diventare un criminale? La mafia può distruggere completamente gli uomini che le danno la caccia? Una serie thriller senza esclusione di colpi, con Luigi Lo Cascio e Claudia Pandolfi, dall'8 dicembre su Prime Video con i primi tre episodi e dal 15 dicembre con gli ultimi tre

The Bad Guy: la mafia come raramente l’abbiamo vista, tra crime e dark comedy. La recensione dei primi episodi

Un giudice può diventare un criminale? La mafia può distruggere completamente gli uomini che le danno la caccia? Una serie thriller senza esclusione di colpi, con Luigi Lo Cascio e Claudia Pandolfi, dall'8 dicembre su Prime Video con i primi tre episodi e dal 15 dicembre con gli ultimi tre

The Bad Guy
PANORAMICA
Regia (3.5)
Interpretazioni (3.5)
Sceneggiatura (3)
Fotografia (2.5)
Montaggio (3)
Colonna sonora (3.5)

Nino Scotellaro (un Luigi Lo Cascio mai così bolso e sgradevole), pubblico ministero siciliano che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta contro la mafia, improvvisamente viene accusato di essere uno di coloro che ha sempre combattuto: un mafioso. Dopo la condanna, senza più nulla da perdere, Nino decide di mettere a segno un machiavellico piano di vendetta, diventando il “bad guy” in cui è stato ingiustamente trasformato.

Presentata in anteprima al Torino Film Festival e prodotta da Indigo Film con Amazon Studios, The Bad Guy è una serie in sei episodi diretta da Giuseppe G. Stasi e Giancarlo Fontana (Metti la nonna in freezer, Bentornato Presidente) che maneggia il mondo della mafia con un approccio pop sregolato e dinamitardo, di straordinaria libertà espressiva in bilico tra i registri. Muovendosi a cavallo dell’equilibrio sottile tra il tragico e il burlesco, tra la denuncia acida e la leggerezza più scanzonata e sopra le righe, il serial trova così un tono tutto suo e una cifra e una misura se non originali quantomeno peculiari (ed è già tantissimo).

Oltre che, in buona sostanza, un passo svelto e fresco che intercetta anche un’attualità dai contorni distopici e perfino fantascientifici (il Ponte sullo Stretto di Messina, incredibilmente tornato nell’agenda politica della destra senza esserne forse davvero mai uscito) e l’eterna memificazione della produzione audiovisiva nazional-popolare di Boris (la presa in giro fiction tv di Stato con Il magistrato buono). Le frizioni tra il crime e la dark comedy, nei primi episodi che abbiamo visto in anteprima e in attesa di vedere come proseguiranno nel resto della serie, si fanno così particolarmente fruttuose e ambigue, con una salutare e rigenerante zona d’ombra – ora luttuosa, ora fumettistica, come ne Il divo di Sorrentino (produce Indigo, dopotutto) – in grado di affrescare con brio al fulmicotone e commistioni postmoderne la più corta distanza tra il bene e il male.

Nota musicale finale: Colapesce e Dimartino cantano il brano originale Cose da pazzi, al contempo cupo e soave proprio come la serie, tra sorrisi che sono granate inesplose e biancastre bugie.

Foto: Paolo Ciriello

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