Il manifesto di Renato Casaro: Sapore di mare
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Il manifesto di Renato Casaro: Sapore di mare

Il manifesto di Renato Casaro: Sapore di mare

La commedia italiana viveva un momento d’oro, con i mitici anni Ottanta che avevano già regalato alcune perle come Un sacco bello, Il marchese del Grillo o Amici miei – Atto II°. C’era voglia di spensieratezza in vista dell’estate e i fratelli Vanzina – era il 1983 – proposero nelle sale questo racconto brillante dell’italiano in vacanza al mare, tra sole, coccole, tradimenti e delusioni.

L’idea era quella di inaugurare un filone che facesse sognare a occhi aperti, intuizione che trovò la sua realizzazione qualche mese dopo con Vacanze di Natale che inaugurò la fortunata saga dei cinepanettoni. «Era un periodo straordinario», racconta il pittore Renato Casaro, incaricato dai due fratelli Vanzina di curare la pubblicità di Sapore di mare. «L’idea per questa pellicola era di evitare le facce degli attori, peraltro già abbastanza conosciuti, come Jerry Calà o Christian De Sica, e comunicare semplicemente un’idea di estate in spiaggia».

Il desiderio del cartellonista era quello di permettere a chiunque avesse visto il manifesto di identificarsi in quell’immagine di amore sulla spiaggia, inserendo poi qualche piccolo elemento tipico degli anni Sessanta, perché il film era ambientato nella Versilia del 1964. «C’era il vinile di Elvis, il giradischi, un’altra compilation di rock and roll, la bottiglia di Cola. In quel periodo avevo lo studio in Via Archimede, vicino a quello dei Vanzina: Carlo ed Enrico venivano spesso a trovarmi per seguire l’avanzamento dei lavori. Ogni tanto portavano anche la mamma che curiosava di qua e di là. Ricordo ancora come nacque l’idea del titolo dipinto in quel modo: durante una delle loro visite si rovesciò dell’acqua su un giornale e Carlo fece una battuta: “Anche il titolo del quotidiano è andato al mare!”. La stessa sera mi venne l’idea di scrivere “Sapore di mare” in quel modo, come se fosse riflesso nell’acqua. Era nato un logo che già di per sé faceva il manifesto!».

 

Renato Casaro (1)

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