Il primo uomo
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Il primo uomo

Il film d'apertura del Festival di Venezia 2018 è una potente opera spaziale in cui il sentimentalismo affiora solo di rado, lasciando però il segno. Un altro colpo registico da maestro di Damien Chazelle, con un Ryan Gosling più misurato del solito

Il primo uomo

Il film d'apertura del Festival di Venezia 2018 è una potente opera spaziale in cui il sentimentalismo affiora solo di rado, lasciando però il segno. Un altro colpo registico da maestro di Damien Chazelle, con un Ryan Gosling più misurato del solito

Ryan Gosling ne Il primo uomo
PANORAMICA
Regia (5)
Interpretazioni (3.5)
Sceneggiatura (3.5)
Montaggio (4)
Fotografia (4)
Colonna sonora (3.5)

Due uomini sono chiusi in una cabina sferica, circondati dai cavi, bloccati in una tuta, spinti giù da una specie di scafandro. Con loro, nella plancia di comando, è entrata una mosca. La pancia metallica del razzo cigola, sotto pressione, come le pareti di un sottomarino schiacciate da un muro d’acqua. La separazione tra la vita e la morte sono una manciata di giunture tenute assieme da bulloni grandi quanto un polpastrello. L’altimetria è segnata da un display analogico che ricorda una vecchia sveglia.

Damien Chazelle opera in Il Primo Uomo – la storia della lunga avventura scientifica e umana che conduce all’allunaggio degli americani, tra il 1962 e i 1968 – la riappropriazione estetica di un genere, smonta cioè il dispositivo sci-fi (enorme astronavi luminose e asettiche, spostamenti lunghissimi in tempi risibili) per riportare l’immaginario del viaggio spaziale alle sue origini storiche e materiali, o almeno a una versione plausibile. Non che ci sia poi molta matematica nel film, così come all’opposto c’è poca politica, poco contesto storico, è più una questione ambientale (scenografica) e una visione. Il punto è raccontare con il massimo realismo possibile l’esperienza fisica ed emotiva di un gruppo di uomini che compiono un viaggio senza precedenti – e tra loro di uno in particolare, Neil Armstrong (Ryan Gosling).

Così le riprese dei diversi voli di prova, poi della missione Gemini 8 (il primo aggancio in orbita di due navi spaziali) e infine dell’allunaggio dell’Apollo 11, sono veri e propri tour de force estetici e sonori, roba da attaccarsi con le unghie alla poltrona, e niente di più distante dalle abitudini del cinema “spaziale”, che invece si riaffaccia in altri cliché molto più terreni – nelle feste in piscina, nei barbecue, nei dialoghi a tavola del gruppo di piloti e delle loro famiglie. Soprattutto incombe sugli astronauti un costante e macroscopico rischio di morte, perché ogni esperienza è prototipica, ogni test serve a eliminare un problema, e la maggior parte dei problemi sono mortali (la missione finale viene preparata quasi come un funerale). Un’enorme parte del film si esaurisce in questa suspense e in questi ambienti.

Tutto questo rende Il primo uomo un film che assomiglia a lungo a un assedio e a uno slancio, il meno popolare dei film di Chazelle. Prima e dopo questo cuore futurista, invece, la storia si distende e apre. Sono poco più di dieci minuti in testa e in coda e sono i momenti in cui ritorna il conflitto presente in tutta l’opera di questo giovane e straordinario autore romantico, quello tra la missione/visione dell’uomo e la tutela degli affetti. Da questo punto di vista, anzi, è forse il primo suo film che si possa definire perfettamente sentimentale, cioè compiuto in un ricongiungimento e non in una separazione (Janet e Neil Armstrong resteranno assieme altri 26 anni dopo l’allunaggio e prima del divorzio). C’è anche altro, in questo territorio familiare, che completa il senso del viaggio e del film, ma qui non ve lo diremo.

Lungo, stordente, alla fine dolcissimo, ma dopo aver insistito imperterrito su una nota del tutto diversa, Il primo uomo è un lavoro grandioso, potente, ripiegato sul passato ma moderno nel linguaggio, quello di un digitale de-potenziato, semi-documentario. Probabilmente il lavoro più compiuto di Chazelle (servirà un’altra visione almeno), ma anche quello a cui è più complicato abbandonarsi.

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