Prosegue la ventesima edizione del Far East Film Festival 2020, la prima integralmente accessibile online, acquistando l’accredito virtuale (a partire da 9,90 euro). Dopo una prima panoramica critica su alcuni film sudcoreani della selezione, e sull’horror indonesiano Impetigore (clicca qui per leggere le cinque brevi recensioni), nel secondo appuntamento abbiamo spaziato tra generi e paesi, dal noir al fantasy alla commedia romantica, passando per il Giappone, Taiwan e non solo (qui il secondo blocco di mini-recensioni). Stavolta tocca ad altri cinque film, che variano dalla commedia romantica sui generis al cinema di genere di Hong Kong passando per il disaster movie ad alta quota e il superhero movie indonesiano.
I WEIRDO (Taiwan, 2020)
di Liao Ming-yi
con Nikki Hsin-Ying Hsieh e Austin Lin
commedia
voto: 2,5/5
Po-ching e Ching sono due ragazzi in rotta col mondo che incrociano per caso le loro strade: lui è affetto da un disturbo ossessivo-compulsivo che lo obbliga a lavarsi spesso le mani, lei invece, a causa della medesima patologia, si copre sempre come se fosse alle prese con una guerra batteriologica e ha una fobia sconsiderata dei germi (le mascherine per entrambi sono necessarie, anche senza Covid). Il taiwanese Liao Ming-yi, esordiente assoluto, ha girato questo piccola e ingenua rom-com paranoica tutto un iPhone XS: il talento c’è, la cura formale anche, è tutto molto estemporaneo ma anche studiatissimo, con inquadrature simmetriche alla Wes Anderson nelle quali il dolore è distillato con dolcezza, lo stile suggerisce lui per primo un’idea di prigionia, ogni messa in quadro tenta l’azzardo di uno stato d’animo. Purtroppo però è anche uno di quei film minuscoli ed esili in cui nulla (o quasi) va in porto e l’odore di zolfo dell’esercizio di stile, alla lunga, si fa inequivocabile.
CHASING DREAM (Hong Kong, Cina, 2019)
di Johnnie To
con Jacky Heung e Wang Kero
drammatico
voto: 2/5
Tiger, un combattente di MMA (la sigla sta per “mixed martial arts”) senza troppi santi in paradiso, incontra la giovane Du, che sogna di sfondare come cantante. Il maestro del cinema hongkonghese Johnnie To, che presentando il film sulla piattaforma del FEFF indossava la camiseta blaugrana del Barcellona, torna a collaborare con lo sceneggiatore Wai Ka-Fai (insieme hanno fondato la casa di produzione Milkyway, ispirata dal regista francese Jean-Pierre Melville e celebre per noir e polizieschi). In questo caso i due hanno messo in piedi un minestrone pop che non ha nulla di memorabile, anche se vedendolo col cervello staccato e prendendolo come parodia idiota e languida di Rocky III ci si diverte sicuramente (con moderazione, sia chiaro). Da segnalare la volgarità liberatoria con cui si oscilla tra i registri e le coreografie con botte da orbi, i colori sovraesposti e i neomelodici orientali, il film sportivo e il melodramma action, i talent show e gli spogliarelli. L’elenco potrebbe proseguire per molte righe, e – chiaramente – l’indigestione è dietro l’angolo.
THE WHITE STORM 2 – DRUG LORDS (Cina, Hong Kong, 2019)
di Herman Yau
con Andy Lau, Louis Koo, Chrissie Chau, Jin Auyeung e Kent Cheng
azione
voto: 2,5/5
15 anni fa Yu e Dizang erano all’apice della propria attività criminale. Oggi Dizang è diventato il più grande spacciatore di tutta Hong Kong, mentre Yu è un uomo d’affari. La premessa è quella degli action movie hongkonghesi più canonici, molto disinvolti quando si tratta di sporcarsi le mani con azione e immoralità, taglie sulla testa di trafficanti di droghe ed ex amici che ora si odiano e fanno fuoco e fiamme (e si fanno la guerra) nelle loro lotte senza quartiere. Il divo Andy Lau timbra il cartellino in questo sequel apocrifo di White Storm, che viaggia col pilota automatico su binari rodati ma si concede il lusso e il gettone-extra di una sequenza d’antologia con un inseguimento tra automobili in metropolitana (!): una scena action di quelle dementi ma anche vertiginose e quasi astratte, che il 99% del cinema americano medio non sa più pensare (figuriamoci coreografare e girare).
THE CAPTAIN (Cina, 2019)
di Andrew Lau
con Hanyu Zhang, Hao Ou, Du Jiang, Quan Yuan, Joyce Wenjuan Feng e Ge Gao
drammatico
voto: 1,5/5
La storia vera del salvataggio di 119 passeggeri a bordo del volo Sichuan 8633 per mano del pilota Liu Changjian (Zhang Hanyu). Andrew Lau, il regista del magnifico Infernal Affairs, di cui Scorsese fece il remake hollywoodiano con The Departed andando a vincere il suo primo Oscar alla regia, sembra fare il verso, com’è stato segnalato da più parti, a Sully di Clint Eastwood. Le analogie si fermano però alla sinossi, perché qui la tenuta morale latita e anche quella spettacolare non se la passa benissimo. La misura epica degenera poi nel parossismo, le hostess chiudono le cappelliere quasi a passo di danza e il finale su di giri testimonia una grave (e probabilmente voluta) confusione semantica: il tragico tracima spesso nel ridicolo involontario e la retorica patriottica s’insinua, sorniona e indisturbata.
GUNDALA (Indonesia, 2019)
di Joko Anwar
con Abimana Aryasatya, Tara Basro, Bront Palarae, Ario Bayu, Lukman Sardi, Arswendi Nasution e Donny Alamsyah
azione
voto: 3/5
Sancaka è un custode solitario e fin da bambino ha dovuto imparare a cavarsela da solo. Di fronte alla minaccia di malvagio villain dovrà però uscire allo scoperto… Primo capitolo di una serie di cinecomic tratti da fumetti che in Indonesia sono dei classici. Ci perdonerete la mancata conoscenza delle tavole originali, ma il worldbuilding da superhero movie in piena regola c’è tutto e il protagonista Gundala, i cui poteri sono derivati dai fulmini, ha intorno a sé un contesto fantasy volenteroso che non rinuncia a bordate di rivolte sociali e rabbia operaia. Il regista è lo stesso di Impetigore, horror rivedibile di cui vi avevamo parlato nel primo articolo dal Far East 2020, e qui si rifà ampiamente nel tentativo di lanciare un cinematic universe, anche un po’ dickensiano, nel proprio paese. L’assunto di base è sempre lo stesso: mezzi ridotti all’osso, idee in quantità. Prendiamo appunti?
Foto in copertina: I WeirDo
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