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The Order: alle radici del suprematismo bianco con Jude Law. La recensione da Venezia 81

Dopo aver figurato in Concorso con il suo ultimo film, Nitram, al Festival di Cannes nel 2021, Justin Kurzel approda in gara per il Leone d’oro all’81esima Mostra del Cinema di Venezia con The Order, che oltre all'attore britannico schiera nel cast anche Nicholas Hoult, Tye Sheridan e Jurnee Smollett. Prossimamente su Prime Video

The Order: alle radici del suprematismo bianco con Jude Law. La recensione da Venezia 81

Dopo aver figurato in Concorso con il suo ultimo film, Nitram, al Festival di Cannes nel 2021, Justin Kurzel approda in gara per il Leone d’oro all’81esima Mostra del Cinema di Venezia con The Order, che oltre all'attore britannico schiera nel cast anche Nicholas Hoult, Tye Sheridan e Jurnee Smollett. Prossimamente su Prime Video

The Order Jude Law recensione
PANORAMICA
Regia
Sceneggiatura
Interpretazioni
Fotografia
Montaggio
Colonna sonora

Nel 1983 una serie sempre più violenta di rapine in banca, operazioni di contraffazione e rapine a mezzi blindati instillò il terrore nel nordovest degli Stati Uniti. Tra la confusione delle forze dell’ordine, che si affannarono per trovare risposte, un solitario agente dell’FBI, Terry Husk (Jude Law), di stanza nella pittoresca e sonnolenta cittadina di Coeur d’Alene, in Idaho, giunse alla conclusione che non si trattava di criminali comuni assetati di denaro, ma di un gruppo di pericolosi terroristi interni al seguito di un leader radicale e carismatico, che stavano tramando una devastante guerra contro il governo degli Stati Uniti.

Dopo aver figurato in Concorso con il suo ultimo film, Nitram, al Festival di Cannes nel 2021 (il protagonista Caleb Landry Jones aveva ottenuto la Palma per il Miglior Attore), Justin Kurzel approda in gara per il Leone d’oro all’81esima Mostra del Cinema di Venezia con The Order, che, oltre a Jude Law, schiera nel cast anche Nicholas Hoult, nei panni dell’oscuro personaggio Bob Mathews, Tye Sheridan e Jurnee Smollett.

A partire dal libro inchiesta The Silent Brotherhood, scritto dai giornalisti investigativi Kevin Flynn e Gary Gerhardt, l’australiano Kurzel firma un solido poliziesco procedural d’epoca, in cui si agitano praticamente tutti i fantasmi, i corpi di polizia e di potere e le strutture primarie della società americana di quarant’anni fa. The Order lavora sulla ricostruzione dei suoi eventi abbastanza sotto traccia, con sobrietà e misura: pare essere animato dalla sana consapevolezza che i fatti che racconta hanno una rilevanza talmente flagrante per l’attualità, mentre ci avviamo alle nuove elezioni presidenziali che vedranno correre nuovamente Donald Trump per la Casa Bianca, che la cosa migliore da fare era limitarsi a illustrarli in maniera robusta, schematica ma non per questo semplificatoria.

Il gancio più diretto di The Order col presente è naturalmente l’attacco frontale al Campidoglio e i fatti di Capitol Hill del 6 gennaio 2021. In quell’occasione furono appesi, fuori dalla sede ufficiale dei due rami del Congresso, dei cappi a imitazione dell’immaginaria insurrezione descritta in The Turner Diaries, romanzo degli anni Settanta: si trattò del primo piano generale di terrorismo interno in America e a ispirarlo c’era proprio questo volume di ultradestra scritto da William Luther Pierce, fondatore del movimento neonazista americano noto come National Alliance

Con queste premesse, The Order è chiaramente un film d’epoca fino a un certo punto, anche se ha dalla sua tutti gli elementi filologici del caso per esserlo, e una certa, inalienabile vocazione alla detection story a stelle e strisce più classica. Nel raccontare dei suprematisti bianchi e della loro ricerca di fondi per un movimento insurrezionalista, il film di Kurzel è ben attento a sentire o quantomeno evocare un po’ tutte le campane, raccontando quel furore ideologico delirante dall’interno ma soprattutto dall’esterno, e mostrandoci le tante possibili conseguenze dell’applicazione di quel disegno e teorema.

Il The Order del titolo esistette solo dal 1983 al 1984, macchiandosi anche dell’omicidio di Alan Berg, il celebre speaker radiofonico cui Oliver Stone ha dedicato il suo Talk Radio, ma il film ha senz’altro il pregio di non mostrare solo l’operato dell’organizzazione ma di farci appassionare a tutto il contorno, visto che si tratta di una di quelle storie in cui la cornice di ciò che costeggia azioni ed eventi finisce spesso per valere quanto il quadro.

Ne viene fuori un’opera che è una sequela di maschere terribili degne quasi del true crime, ma anche di personaggi, detective e poliziotti tipici dell’immaginario statunitense, nel quale si è ben calato anche il super britannico Jude Law, qui all’opera in ruolo insolito per lui, con baffoni pronunciati e modi spicci e taglienti che non esitano a squadrare la verità e il suo abisso con glaciale freddezza e un’occhiata storta e serafica, magari per provare ad arrivare prima degli altri al cuore dei conflitti e scoperchiare intrighi e magagne. L’idea di prassi senza fronzoli e orientata a non andare troppo per il sottile che Terry esercita sul lavoro è la stessa con cui si muovono scrittura (la sceneggiatura è di Zach Baylin) e regia, che preferiscono sempre la sostanza alla bella forma, delineando a denti stretti un fosco e brutale paesaggio socioeconomico.

Foto: AGC Studios, Chasing Epic Pictures, Riff Raff Entertainment, Arcana Studio

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