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Twisters: una ventata d’aria fresca? La recensione del film di Lee Isaac Chung

Ventotto anni dopo il film originale, arriva nelle sale di tutto il mondo il reboot/sequel del blockbuster climatico per antonomasia, con volti completamente nuovi capitanati da Daisy Edgar Jones e Glen Powell.

Twisters: una ventata d’aria fresca? La recensione del film di Lee Isaac Chung

Ventotto anni dopo il film originale, arriva nelle sale di tutto il mondo il reboot/sequel del blockbuster climatico per antonomasia, con volti completamente nuovi capitanati da Daisy Edgar Jones e Glen Powell.

PANORAMICA
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In un’epoca caratterizzata da un’ossessiva volontà di creare un franchise da qualsiasi prodotto mediale a disposizione nell’immaginario collettivo, pensare che Twister non sia stato sfruttato con questo fine pare assurdo. Secondo incasso globale del 1996, anticipato solo da Independence Day, solo negli ultimi anni si è parlato di dargli una continuazione, quando il film di Roland Emmerich aveva già ricevuto il trattamento sequel nel 2015.

Il film di Jan de Bont (Speed) rappresenta quasi un paradigma del blockbuster anni ’90, quando i concept roboanti del decennio precedente lasciano spazio a soluzioni più immediate, riportando la provenienza della minaccia da “sconfiggere” sulla Terra e avvicinandosi il più possibile a un materiale semi realistico, che possa colpire uno spettatore decisamente più disilluso.

Già come si può intuire dalla minima variazione del titolo, Twisters punta a rievocare quella semplicità e autosufficienza che ha fatto del predecessore uno dei capostipiti di una nuova ondata di disaster movie, sottogenere che ha sempre trovato una cerchia neanche ristretta di pubblico.

La formula è ripetuta quasi pedissequamente: Kate Cooper (Daisy Edgar Jones) torna a “caccia” di uragani dopo la tragica scomparsa della gran parte del suo team cinque anni prima. Ad accompagnarla, l’unico altro membro rimasto in vita, Javi (Anthony Ramos), nel tentativo di immortalare grazie a tecnologie più avanzate un’immagine tridimensionale di un esemplare. Accanto a loro l’influencer Tyler Owens (Glen Powell) porta avanti la sua attività di domatore di uragani.

Il cambio più significativo da segnalare è senz’altro quello avvenuto in cabina di regia, lasciando il testimone a Lee Isaac Chung, in sostituzione al precedentemente annunciato Joseph Kosinski. Statunitense di origini sudcoreane, il suo percorso artistico è certamente inusuale: dal circuito indipendente dei suoi primi lavori arriva al successo con l’autobiografico Minari, diventato tra i protagonisti dell’award season del 2021. Infine, l’approdo nel cuore dell’industria, dirigendo un episodio di Mandalorian e Twisters.

Se non si può certo parlare di un’impronta autoriale che ha prevalso sulle dinamiche hollywoodiana, oltre che di un approccio meno squisitamente ludico alla materia di partenza, è innegabilmente una scelta che ha ripagato, quella di affidarsi a una personalità familiare ai luoghi della vicenda: le terre dell’Oklahoma ormai invase dal pervasivo turbocapitalismo non sono rosee e idealizzate, bensì rappresentate con un grigiore malinconico, quasi arrendevole, ma che non scende mai nel pietismo.

Il film, inoltre, analizza le implicazioni sociali della “caccia ai tornadi” al di fuori dei gruppi di ricercatori, aspetto che il primo capitolo trascurava in favore di una più blanda rivalità tra team. In Twisters diversi giocatori si uniscono al tavolo con obiettivi ben diversi: a partire dai turisti attratti dall’estremo per ricollegarsi agli intrattenitori del web, che trasformano il devastante fenomeno atmosferico in uno spettacolo da incapsulare nei propri device portatili.

Senza ricorrere al ricattatorio, Lee Isaac Chung mostra l’altra faccia della medaglia di questa corsa all’oro sui generis, che risiede nello sfruttamento delle disgrazie altrui da parte dei grandi magnati e dei proprietari terrieri, interessati al monitoraggio degli uragani con scopi ben più disdicevoli. Tale elemento di denuncia non diventa invasivo e costituisce un elemento di accresciuta maturità e interesse rispetto alla premessa iniziale.

Nel ricalcare l’esoscheletro del film dei ninenties, Twisters, tuttavia, ne ingloba anche le varie ingenuità e facilonerie, croce e delizia di affezionati che talvolta stonano con un’atmosfera meno favolistica e disincantata. Corrono in soccorso le star chiamate a raccolta: in particolare Glen Powell (tra i nomi più promettenti di una nuova generazione di cinema popolare) e Daisy Edgar Jones portano sul piatto due personaggi archetipici innalzati dal loro rispettivo carisma.

Twisters risulta quindi un’operazione riuscita, a metà tra la fedelissima rievocazione e l’adattamento a tempi più incerti e riflessivi, senza tralasciare un intrattenimento più sobrio e calibrato rispetto ai più esondanti blockbuster odierni.

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