Lockwood & Co: l'adolescenza è una condanna. La recensione della serie Netflix
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Lockwood & Co: l’adolescenza è una condanna. La recensione della serie Netflix

C'è qualcosa di strano nel vostro quartiere? Invece di chiamare i Ghostbusters, potete rivolgervi alla nuova agenzia che affronta il supernaturale

Lockwood & Co: l’adolescenza è una condanna. La recensione della serie Netflix

C'è qualcosa di strano nel vostro quartiere? Invece di chiamare i Ghostbusters, potete rivolgervi alla nuova agenzia che affronta il supernaturale

Lockwood
PANORAMICA
Regia
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Colonna sonora

Il 27 gennaio è arrivata su Netflix Lockwood & Co., nuova serie young adult dai toni squisitamente british tratta dalla serie di romanzi scritti da Jonathan Stroud. Lo show, la cui stagione d’esordio si articola attraverso otto episodi, è stato ideato da Joe Cornish, sceneggiatore e regista britannico noto al grande pubblico per la sua opera prima: il film del 2011 Attack the Block – Invasione aliena e per aver co-sceneggiato Ant-Man nel 2015. Oltre ad essere lo showrunner designato, Cornish si è cimentato nella regia degli episodi alternandosi con altri filmmaker di grande esperienza nel campo della serialità come Catherine Morshead (Downton Abbey) e William McGregor (His Dark Materials).

Lockwood & Co. ci introduce in una versione ucronica della Gran Bretagna odierna ormai afflitta da alcuni decenni da una strana e letale infestazione di fantasmi diffusasi su scala globale. Le presenze, che portano ad una progressiva e inarrestabile ondata di morte, per motivi sconosciuti vengono percepite solo dagli adolescenti, un’abilità che viene progressivamente persa durante la crescita. Per far fronte al propagarsi del fenomeno, gli adolescenti più dotati vengono quindi inquadrati ed addestrati a dare la caccia alle manifestazioni ectoplasmiche con gli strumenti disponibili.

Tra questi vi è Lucy Carlyle, adolescente dotata di un Talento particolarmente sviluppato che decide di tagliare i ponti con la sua cittadina natale dopo essere stata incolpata della morte dei suoi compagni durante una disinfestazione finita tragicamente. Dopo la devastante perdita della migliore amica e la rottura totale dei ponti con l’anaffettiva madre, Lucy si reca quindi a Londra alla ricerca di un impiego e accetta di unirsi alla Lockwood & Co.. In un mondo dove gli adulti – incupiti e cinici – hanno sempre l’ultima parola sulla sorte dei giovani medium e le agenzie sono sempre dotate di un supervisore anziano, la piccola impresa nella quale Lucy si imbatte è gestita solamente dall’introverso ed ambizioso Anthony Lockwood e dal suo assistente George Karim. Il trio si lancia quindi in una serie di insidiose indagini sovrannaturali inasprite dallo sguardo diffidente della società che li circonda.

La serie mette subito in chiaro il contesto degli eventi narrati costruendo un solido worldbuilding che – a partire dagli ispirati titoli di testa – ci mostra le dinamiche del mondo nel quale devono muoversi i protagonisti. Questo è infatti ricco di insidie che, come capiremo fin da subito, si estendono ben oltre quelle di natura ectoplasmica. In una società in cui l’unica speranza degli adulti e degli anziani sono proprio gli esponenti della Generazione Z, i giovanissimi vengono guardati con un mix di riverenza e malcelato rancore, venendo al tempo stesso sfruttati come risorse da mandare in prima linea contro gli spettri. Tale dinamica mette in moto il percorso dei tre giovani protagonisti, ognuno alle prese con un ingombrante stigma sociale che guida le loro azioni.

Se Lucy deve fare i conti con il lutto e la rottura dei legami, il tormentato Anthony – anch’esso afflitto da una perdita – lotta per tenere in piedi la sua azienda guardata con sospetto dagli adulti a causa della giovane età del suo fondatore, mentre George porta sulle spalle il peso di una scarsa socialità che lo spinge ad evitare legami affettivi. Trovando ognuno supporto nell’altro, di puntata in puntata si crea un legame sempre più profondo, ben rappresentato sullo schermo dall’affiatamento dei tre giovani interpreti Ruby Stokes, Cameron Chapman e Ali Hadji-Heshmati.

La caratterizzazione dei protagonisti risulta essere uno dei punti di forza di Lockwood & Co., ma altrettanto si può dire di una sceneggiatura che funziona e che non perde mai il focus sulle relazioni tra i protagonisti. Al netto di qualche svolta poco ispirata nella seconda metà, la serie riesce tuttavia a mantenere un ritmo costante per tutta la sua durata, bilanciando elementi young adult, noir e polizieschi e regalando spesso e volentieri dialoghi sagaci conditi dall’immancabile humor britannico.

Tornando al worldbuilding di Lockwood & Co., particolarmente affascinante è la classificazione scientifica delle varie tipologie di fantasmi, elemento che non può che rimandare a Ghostbusters, mentre la messa in scena si appoggia sugli elementi tipicamente british che abbiamo imparato ad apprezzare in altri show come Sherlock. Le atmosfere della Union Jack sono consolidate anche da un comparto musicale infarcito di canzoni tipiche dell’era post-punk d’oltremanica. Tra questi spiccano alcuni pezzi dei Bauhaus, Siouxsie and The Banshees e dei The Cure; tutti gruppi che ben si addicono all’atmosfera e alle ambientazioni malinconiche e funeree della serie. Scelta che, seppur gradevole, risulta già ampiamente abusata in passato da altri show e che dopo alcuni anni inizia inevitabilmente a mostrare il fianco.

Interessante è inoltre la scelta di rinunciare a qualsiasi dispositivo o strumento digitale nella lotta contro i fenomeni paranormali. Ciò suggerisce – senza spiegarlo apertamente – come la transizione digitale non sia mai avvenuta in questa timeline alternativa, dando così un’idea di quanto l’infestazione globale abbia influito in larga misura sul mancato progresso dell’umanità.

Le note dolenti arrivano sul comparto degli effetti visivi. I fantasmi sono spaventosi, ma nel senso che la loro realizzazione è pessima. Al netto di un design decisamente poco indovinato, è infatti la CGI applicata a suscitare sgomento e raccapriccio. Fa infatti un balzo indietro di quasi quindici anni e peggio ancora risulta male integrata con gli ambienti circostanti. In una serie a tema soprannaturale sarebbe lecito aspettarsi un livello più alto, soprattutto per quanto concerne gli ectoplasmi.

Lockwood & Co. riesce ad essere una riuscita storia di indagini paranormali e di amicizia condita da elementi noir. La serie si eleva rispetto agli altri prodotti studiati a tavolino per il pubblico della Generazione Z grazie alla sua scrittura ispirata ed efficace che focalizza tutta la sua attenzione sulle relazioni tra i protagonisti. In definitiva, la prima stagione della nuova serie è come un’adolescente entusiasta che al netto di qualche ingenuità non vede l’ora di dimostrare il suo valore. Ci sarà una seconda stagione? Il finale sospeso lascia tutte le porte aperte ad un eventuale prosieguo, che dopo questi primi otto episodi arrivati su Netflix sarebbe senza dubbio meritato.

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Foto: MovieStillsDB

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