Da Il grinta a The Departed, passando per The Ring e Quel treno per Yuma: della serie "rifatti, ma belli"...
Andrea Facchin
Il grinta: i fratelli Coen adattano l'omonimo romanzo di Charles Portis, "sfidando" la prima trasposizione del '69 di Henry Hathaway con John Wayne. Jeff Bridges è l'immenso protagonista di un western in cui le parole abbondano più delle pallottole. Non che sia un difetto, anzi: il film si apre con una citazione biblica ("i malvagi fuggono quando nessuno li insegue") che introduce l'ennesima sfida dei registi, capaci di confrontarsi con un genere già esplorato - in più di una declinazione - e renderlo personale, come solo loro sanno fare.
L'alba dei morti viventi: Zombi di Romero in salsa Zack Snyder. Ok, l'originale resta ineguagliabile, ma la versione del regista di Batman v Superman e Justice League non è una blasfemia: è tesa, sanguinolenta, circondata da un'atmosfera priva di speranza in un mondo fuori controllo. E in più, trasforma gli zombie da creature inebetite in esseri aggressivi e veloci.
Cape Fear: il promontorio della paura - L'originale con Gregory Peck e Robert Mitchum ha pochi eguali e forse nessuno eccetto Scorsese poteva renderne il giusto omaggio. Nel remake, il regista chiama De Niro per affidargli il ruolo dello psicopatico Max Cady, che uscito di prigione medita vendetta nei confronti dell'avvocato che, a suo dire, non l'ha difeso adeguatamente. Un villain per nulla secondo alla perversa versione di Mitchum: il Cady di De Niro è tanto acuto e intelligente quanto folle e sadico, e si finisce persino per tifare per lui. Scorsese dirige con sapiente costruzione drammatica, sino al climax finale in cui esplode la violenza.
Funny Games: Michael Haneke chiama Naomi Watts, Michael Pitt e Tim Roth per realizzare il remake del suo stesso film, datato 1997. Un mossa che dà respiro internazionale a una storia di "intrusione domestica" che spinge lo spettatore al limite, riducendolo a testimone di una violenza (soprattutto psicologica) insensata. La storia ruota intorno a due giovani che, con una scusa, entrano in casa di una famiglia per renderne la vita un inferno. Haneke replica le sequenze del film originale e gli attori coinvolti non lo tradiscono, Michael Pitt su tutti: il suo è un sadismo disturbante, simbolo dell'ambiguità del male, capace di strisciare anche all'interno delle mura amiche.
Heat - La sfida: come Haneke con Funny Games, Michael Mann rimette mano a un suo lavoro, il film tv L.A. Takedown, per trasformarlo in un cult seminale della sua cinematografia. Il film è una cupa riflessione sul raporto simbiotico tra un poliziotto, Vincent Hanna (Al Pacino) e il rapinatore Neil McCauley (Robert De Niro), ma anche una declinazione di uno dei temi cardine del racconto noir: il pericolo, o l'impossibilità (per eroe e villain, che spesso si confondono) di legarsi a un'altra persona. Tutti i protagonisti hanno relazioni instabili, devoti come sono al loro lavoro. Un distacco al quale Mann rende omaggio.
Insomnia: versione di Christopher Nolan dell'omonimo film norvegese del '97 con Stellan Skarsgård protagonista. Al suo posto, Al Pacino, nelle vesti del detective Vincent Dormer, a caccia del killer Robin Williams in Alaska. Thriller teso, attanagliante e ipnotico, con la fotografia di Wally Pfister capace di catturare perfettamente la luce artica. Pacino e Nolan disegnano un film dai tempi quasi perfetti, con un protagonista tormentato e in disfacimento, in un luogo dove il sole non tramonta mai.
King Kong: visione di Peter Jackson del film di Cooper e Schoedsack del 1933. 207 milioni di dollari spesi per realizzare un film che nonostante i 3 premi Oscar è stato attaccato da più parti. Per chi scrive, Jackson compie uno sforzo produttivo notevole realizzando un'opera che è un blockbuster, un film d'azione, un dramma romantico e un omaggio sentito e curato sin nei minimi dettagli (basti vedere l'apertura su New York) alla Hollywood degli anni '30. Visivamente imponente, con King Kong animato da Andy Serkis via motion capture: l'interazione con Naomi Watts tocca tutte le corde emotive giuste, portando in scena l'amore possessivo, ma anche delicato e sincero (fino alla morte), tra la bestia e la sua bella.
La cosa: scegliete voi se definirlo un cult della fantascienza, dell'horror o di entrambi. Carpenter rimette mano a La cosa di un altro mondo di Howard Hawks (1951) per realizzare un film claustrofobico, con al centro un gruppo di scienziati isolato in una stazione dell'Antartide e assediato da una forma di vita aliena in grado di assumere il controllo del corpo che occupa. Impressionanti le scene di trasformazione, quadri grotteschi all'interno di una cornice quasi "da giallo", in cui nessuno si fida di nessuno.
La mosca: Cronenberg parte dalle premesse di L'esperimento del dottor K del 1959 con Vincent Price, per realizzare un film che si muove nell'horror ma vuole essere una tragica storia d'amore. Jeff Goldblum è uno scienziato che inventa un teletrasportatore di materia: a seguito di un incidente, il suo DNA si mescola con quello di una mosca, dando inizio a una mutazione che il film mostra con effetti speciali sempre più disgustosi, merito delle protesi create da Rob Bottin. Nonostante tutto, l'impatto emotivo è considerevole e non si può evitare di provare pietà per il protagonista: un uomo dall'umanità condannata, che però sopravvive nell'amore. Almeno, fin quando è possibile.
Nosferatu, il principe della notte: Il film di Werner Herzog, oltre a essere un omaggio (con finale diverso) al capolavoro di Murnau del '22, è un film unico. Come l'originale, adatta Dracula di Bram Stoker con Bruno Ganz nei panni di Jonathan Harker e un indimenticabile Klaus Kinski nelle vesti di Nosferatu. L'atmosfera è mistica ed enigmatica, il ritmo sostenuto e ipnotico. Il conte Orlok di Kinski tende più all'autocommiserazione di quello di Max Schreck, ma rimane comunque una creatura infida e disumana.
Ocean's Eleven: negli anni Sessanta, nel film Colpo grosso, a guidare la banda di ladri erano Frank Sinatra e Dean Martin. Star assolute di quegli anni, che Steven Soderbergh sostituisce con George Clooney e Brad Pitt in un remake che si muove da una sceneggiatura calcolata al millimetro. Come, del resto, il piano di Danny Ocean e soci per svaligiare l'apparentemente inviolabile casinò di Terry Benedict.
Quel treno per Yuma: James Mangold, prima di Wolverine. Il remake del regista del classico western di Delmer Daves si sorregge sull'interpretazione dei due attori protagonisti. Christian Bale è Dan Evans, contadino che per evitare di perdere il suo ranch, condannato dai debiti, accetta i 200 dollari di ricompensa per scortare il bandito Ben Wade (Russell Crowe) e metterlo sul treno diretto alla prigione di Yuma. Il film è un'avventura avvincente, che parla anche attraverso i paesaggi; Bale dona al suo personaggio un'integrità commovente, Crowe è a suo agio nei panni di un villain che a poco a poco scopre il buono che c'è in lui. Un bel film, con le musiche di Marco Beltrami.
Scarface: difficile eguagliare l'omonimo film di Howard Hawks del '32, capostipite del filone dei gangster movie. Ma Brian De Palma ci prova con un remake cruento, eccessivo ed esaltato da un Al Pacino istrionico. Rispetto all'originale, il film è inserito anche in una dimensione politica (si apre con un doc sugli immigrati cubani in America), e procede raccontando una storia dall'impetuosa forza catartica, che porta all'estremo il tema cardine del genere gangster: l'ossessione del controllo e del potere e l'inevitabile caduta dopo aver raggiunto la vetta.
The Departed: Dopo Cape Fear, altro remake di Scorsese, che stavolta si basa sulla trilogia di film d'azione Internal Affairs, di Wai Keung Lau e Siu Fai Mak. DiCaprio è un poliziotto infiltrato nei giri del boss mafioso interpretato da Nicholson; Matt Damon è la talpa nella polizia di Boston. Cast straordinario, la regia di Scorsese che alterna rapide panoramiche a complesse carrellate, l'intreccio fatto di tradimenti e inganni. In definitiva, un capolavoro.
The Ring: il remake di Gore Verbinski del Ringu giapponese ha contribuito a far conoscere il mondo dei j-horror al grande pubblico. Verbinski dirige un film che è un mix di registri - horror soprannaturale, thriller, dramma familiare -, amalgamati con coerenza. Paura e angoscia sono palpabili soprattutto nella prima parte, concentrata sulla raccolta di indizi. E il mostro, Samara, si svela uscendo dal televisore, in una scena che mette i brividi ancora adesso. A marzo, The Ring 3, terzo capitolo della saga sulla videocassetta maledetta.
True Lies: James Cameron compra i diritti di una soporifera commedia francese (La Totale) e ne realizza un remake dal pieno respiro hollywoodiano, con due star come Arnold Schwarzenegger e Jamie Lee Curtis protagonisti. Dialoghi divertenti, azione spettacolare e che non manca di gag, uno Schwarzy mai così in palla con la commedia e una svolta guerriera della Curtis, che si fa notare anche per uno spogliarello mozzafiato.
Per la critica, in generale, la parola remake spesso coincide con flop. È sinonimo di mancanza di originalità, pigrizia di cui Hollywood è stata accusata più volte. Eppure non tutti i remake sono fallimentari.
Col tempo il termine si è definito attraverso varie sfumature e declinazioni, e nella gallery di oggi abbiamo pensato di raccogliere 16 remake che possiamo considerare migliori (o quasi) degli originali. Film che rispetto alla fonte di ispirazione, per quanto inarrivabile in certi casi – sono riusciti a regalare qualcosa di diverso e soprattutto personale.
Tutto ciò che pensiamo su ogni film lo riportiamo nelle singole didascalie.