Dopo il successo al Festival di Toronto, a Roma quest’oggi si è svolta la conferenza stampa dell’ultimo film di Ron Howard Rush, presente nella capitale con il suo immancabile cappello da baseball in stile Spielberg, insieme agli interpreti Chris Hemsworth, Daniel Bruhl, Alexanda Maria Lara e Pierfrancesco Favino. Il film racconta la rivalità fra Niki Lauda (Daniel Bruhl) e James Hunt (Chris Hemsworth) e in particolare di un anno, il 1976, che li vide contrapporsi, sfidarsi, odiarsi e infine rispettarsi sui circuiti della Formula 1 di tutto il mondo. Un film straordinario nella ricostruzione e avvincente nel racconto che arriverà in Italia il prossimo 19 settembre (leggi la nostra recensione).
Ripensando anche alle sue precedenti opere, come si prepara a realizzare un film basato su fatti reali?
Ron Howard: «Questa è una domanda molto importante e personale. Da narratore devi sempre tenere conto dell’intento creativo e, ovviamente, ascoltare il punto di vista dello sceneggiatore. Quello che cerco sempre di fare da narratore è di raccontare la storia vera facendola passare attraverso il tuo filtro personale. La storia era interessante già di suo, e se la racconti in una certa maniera arriva diretta al pubblico. I fatti più importanti non li puoi tradire o modificare, ne devi tenere conto. Dopo la realizzazione di Apollo 13 ho iniziato a fidarmi delle reazioni del pubblico, che è attratto dalla trasposizione cinematografica di storie vere. Per quanto riguarda la realizzazione mi sono documentato molto e ho imparato tantissimo da Chris e Daniel e dalla loro preparazione per la loro performance. Hanno fatto ricerche diverse dalle mie e hanno migliorato la storia sia da un punto di vista emotivo che psicologico. Ci tengo comunque a dire che sono orgoglioso e onorato che vi sia piaciuto il film!».
Come vi siete preparati per rendere accurata la storia e quanto è entrato nel processo di creazione del film Niki Lauda?
RH: «Peter Morgan, lo sceneggiatore, conosce Niki Lauda e, sebbene Lauda non abbia avuto nessun controllo editoriale sul film, si è messo a disposizione in tutto quello che poteva essere utile nella realizzazione dello stesso. Per prepararci al meglio inoltre abbiamo intervistato una trentina di persone che conoscevano James Hunt e da loro abbiamo imparato e appreso moltissimo del personaggio. Per quanto riguarda invece le nozioni sulla Formula 1 eravamo circondanti da esperti sin dalla fase di pre-produzione e fino alle fine delle riprese».
Chris Hemsworth: «Per me ovviamente è stato molto interessante interpretare James Hunt, ho avuto modo di guardare moltissime interviste che aveva rilasciato durante le gare e avevo raccolto tutte le informazioni che ci aveva fornito Ron in merito a questi personaggi. La loro storia molto più avvincente di quanto una fiction o una storia inventata poteva essere. Sceneggiatura valida a supporto. Fondamentale essere onesti a prescindere da quello che poi si diceva fra i due personaggi, onesti e fedeli a se stessi, quello che questi due personaggi erano nella vita reale. Sentivo la pressione di interpretare questo ruolo e rendere giustizia al personaggio vero».
Daniel Bruhl: «Ero spaventato di interpretare una leggenda vivente come Niki Lauda. Lui è un eroe in Germania! Per me è stato importante stabilire un bel rapporto con Niki, mi ha dato tantissime informazioni, cose che non puoi leggere o vedere da nessun altra parte. Io e Chris abbiamo dovuto fare tante cose diverse dal solito per prepararci ad interpretare questi due personaggi, fra cui imparare a guidare le macchine da corsa. Io personalmente ho passato anche un mese a Vienna per prendere l’accento viennese, un accento arrogante, austriaco, molto importante per definire la personalità di Niki. Lui ci ha sostenuto tutti, quando avevamo un problema sul set potevamo chiamarlo e in cinque minuti ci richiamava. Ad esempio c’è stata una scena in cui dovevo imprecare e ho pensato di chiamarlo perché la parolaccia che dovevo utilizzare non era nello stile di Niki a mio avviso, ed avevo ragione! Tempo pochi minuti ed avevo un elenco i parolacce che avrebbe detto lui, e i vari contesti in cui usarle!».
Pierfrancesco Favino: «Una buona sceneggiatura come questa fa vivere anche i personaggi di contorno come Clay Ragazzoni e il film a mio avviso descrive benissimo quel nostro momento storico. Il tipo di lavoro che ho fatto con Ron è stato costruire il mio personaggio sulla base delle reali vicende, aggiustando dei piccoli aspetti sulla base delle richieste del film. Un esempio? Ho dovuto modificare un po’ l’accento italiano ticinese di Ragazzoni per renderlo bene in inglese. Sono molto orgoglioso di fare parte di questo film, e che Ron mi abbia richiamato e d’aver avuto la possibilità di conoscere queste persone meravigliose. Per me Rush è uno dei film più belli a cui abbia partecipato».
Alcune vicende, come quelle del GP di Germania del 1976, sono raccontate con sfumature diverse da quelle conosciute. Come mai?
RH: «Sono talmente tante le complessità e i dettagli della stagione di corsa del ‘75-‘76 che, da un punto di vista di drammatizzazione, sarebbe stato impossibile rendere tutti i dettagli in un film di due ore. A quel punto sono stato costretto a cedere a delle semplificazioni. Vi dico che si potrebbe realizzare una serie tv di cinque anni e parlare solo di quel campionato. Peter Morgan aveva fatto una serie di ricerche e aveva scoperto che James Hunt, in quella precisa gara, aveva espresso il desiderio di correre nonostante le condizioni metereologiche avverse. Il nostro compito è quello di realizzare un film che sia intrattenimento, ma abbiamo anche il compito di doverlo rendere interessante, riflettendo ovviamente la veridicità dei fatti».
Come avete realizzato le scene d’azione e quanto avete utilizzato la componente della Computer Graphic?
RH: «Abbiamo utilizzato tutti i mezzi moderni a disposizione di un regista per rappresentare e dare un’immagine veritiera del 1976. Abbiamo mescolato tutti gli strumenti per non renderli discernibili l’uno dall’altro utilizzando filmati d’epoca, materiale di repertorio, e molte più riprese realizzate con la macchina da presa di quanto abbia mai immaginato, grazie alla qualità delle macchine utilizzate e al talento dei piloti. La CGI l’abbiamo utilizzata solo per dare la giusta dimensione al film e cercare di immergere il pubblico nel mondo della Formula 1».
Ora che conosce meglio il mondo della F1 è diventato fan della Ferrari?
RH: «Ho deciso di non patteggiare per nessun team e rimanere neutrale, anche se devo dire che ho avuto la fantastica opportunità di conoscere Montezemolo e fare dei giri in pista con Niki sulle Ferrari. E Niki, sapendo che ero seduto in macchina, ha fatto in modo che i giri fossero velocissimi! Ho un estremo e profondo rispetto per questo sport e per questo ho deciso di tifare per nessuna scuderia, odierna o del passato».
Come ha reagito Lauda quando l’ha vista truccata come sua moglie Marlene?
Alexandra Maria Lara: «Devo dire che è stato un momento buffo, a Niki è piaciuto molto! Mi spaventava un po’ interpretare questo personaggio, anche per la sua acconciatura particolare che rifletteva però l’immagine conosciuta di Marlene Lauda. Appena uscita dalla sala trucco Niki, da cinquanta metri di distanza, ha cominciato a urlare “Marlene! Marlene!”, quindi la sua reazione è stata sicuramente positiva!».
È vero che il colloquio decisivo con Ron Howard è avvenuto su Skype mentre lei stava pelando le cipolle?
AML: «È stato uno dei colloqui successivi in realtà! Mi ha chiamato mentre stavo cercando di cucinare con mio marito, e io stavo pelando una cipolla, non ero vestita benissimo e stavo anche piangendo per via della cipolla, quindi ero titubante se rispondere o meno! Mentre durante il primo colloquio via Skype ho cercato di impressionarlo».
DB: «Potevi dire che avevi appena finito di leggere la sceneggiatura e che ti eri commossa!».
RH: «Lei è stata una scelta ovvia per la parte. L’incontro via Skype è stata un’ulteriore prova e dimostrazione e ho capito che sullo schermo avrebbe funzionato benissimo».
Oltre ad essere un gran film sulle corse Rush è un film su due visioni del mondo contrapposte. Ha preso ispirazione da I Duellanti di Ridley Scott?
RH: «Mi è piaciuto il film ma non posso dire che sia stato un punto di riferimento per me. Diversi amici che hanno letto la sceneggiatura a Hollywood erano preoccupati. In Rush non c’è un buono o un cattivo, un’idea tipicamente Hollywoodiana quella di dividere in “buoni” e in “cattivi” i personaggi. Io ritenevo invece che non fosse giusto definire i due rivali nettamente come buono o cattivo. La stagione del ’76 è stata per entrambi un travaglio, un supplizio, sia sulle piste che fuori. Volevo rappresentare quello che era l’eccitazione, l’entusiasmo e la tensione, il fascino che ha rappresentato per me questa storia. Se ho preso un riferimento l’ho fatto con i documentari sul Rock & Roll dell’epoca. Non volevo copiare o realizzare un film di sport, no, volevo riportare l’atmosfera culturale dell’epoca, la frenesia e lo spirito di quel periodo».
Che cosa ne pensi di James Hunt?
CH: «Quello che mi è piaciuto molto di lui è questa natura infantile, un po’ da ragazzino, ma anche la sua onestà e l’essere sempre diretto e non preoccuparsi di quello che gli altri dicevano o pensavano. Ho guardato tantissime interviste e backstage e la cosa affascinante era il suo sguardo interessante, curioso, non solo l’aspetto glamour o sexy che i media mostravano. La sua parte interessante è la parte vera, il suo desiderio di essere accettato e apprezzato per le sue capacità ».
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