Sopravvalutato o sottovalutato? 15 film che spaccano in due il pubblico
Da La La Land che ha scatenato il dibattito negli ultimi giorni a Revenant, passando per Interstellar, tutti i film che dividono in due la platea
Marita Toniolo
La La Land - Da alcune settimane non si parla d'altro. Per i critici e i sognatori sentimentali è distillato purissimo di cinema, un musical che non è solo esaltazione della nostalgia, citazione e omaggio dell'epoca d'oro di Hollywood, ma un concentrato di emozioni servito da una delle coppie più belle e brave sullo schermo e diretto da un giovanissimo e talentuosissimo regista. Per chi lo denigra è un film caruccio, che emoziona poco e con due attori che non possono gareggiare con coppie pazzesche come Fred Astaire e Ginger Rogers.
Star Wars: Il Risveglio della Forza. Qui lo scontro è tra chi crede che J.J. Abrams abbia reso un buon servizio alla saga, mettendo in piedi un episodio convincente che rende omaggio in modo corretto alla trilogia originale e chi invece pensa che sia solo un fan-service, un film a beneficio dei fan senz'anima che fa del riciclo e del modernariato le sue armi vincenti. Per chi lo critica Kylo Ren è un villain puerile e isterico e SPOILER la scena della morte di Han Solo è ridicola.
Il caso Batman v Superman è una vera e propria patata bollente. Uscito quasi un anno fa il film non smette di far discutere, soprattutto da quando è stato candidato a 8 Razzie Awards. Per i suoi fan è il degno contraltare DC degli Avengers di casa Marvel. Ma soprattutto i suoi estimatori non sopportano che si tacci il film di incongruenze di sceneggiatura, come se invece i film Disney/Marvel fossero dei capolavori di drammaturgia. Chi lo ha odiato (e candidato) pensa sia un "pasticciaccio brutto" a livello narrativo, che Lex Luthor sia il peggior villain apparso in un cinecomic e che sia ridicolo che lo scontro più atteso di tutti i tempi si sia risolto grazie al condividere lo stesso nome delle madri (la scena "Martha").
Avatar di James Cameron. Il film più visto di tutti i tempi, che ha portato al cinema persone che non ci andavano da anni. Per quelli che lo hanno amato è un capolavoro visivo, una meravigliosa favola ecologista con personaggi unici e uno scenario da sogno, per i suoi detrattori un copia e incolla di Pocahontas e Balla coi lupi, con una sceneggiatura banale e poche idee originali.
The Hateful Eight - Se non dividesse non sarebbe Tarantino. L'ultima delle opere del buon Quentin ha diviso il suo pubblico tra chi ha gridato al capolavoro, perché considera il film un superbo kammerspiel, un'opera teatrale in cui è distillato il meglio della poetica del regista di Pulp Fiction e chi invece ha trovato che fosse una brutta copia di 10 piccoli indiani di Agatha Christie, lentissimo (dura due ore e 40) e con solo gli ultimi 40 minuti degni di attenzione, grazie all'azione che si concentra ed esplode tutta lì. Il 70mm per i primi esalta il suo modo di fare cinema, per i secondi è un vezzo inutile e sintomo di vanità.
The Danish Girl - Per molti è il racconto di uno straziante atto di coraggio, un manifesto LGBT dove si racconta la rivendicazione - che sfida la morte - della propria identità intrinseca. Chi lo ha odiato gli contesta di essere un film troppo patinato e lezioso per poter parlare a buon diritto di trasgressione e corpi "da modificare", e soprattutto ritiene l'interpretazione di Redmayne eccessivamente manieristica.
Interstellar - Qua è più la critica che ha storto il naso. Secondo i recensori l'ambizione di tentare di raccontare i misteri dello spazio e del tempo, tra warmhole, paradossi cronologici, dimensioni parallele e quant'altro, ha dato vita a una sceneggiatura farraginosa, a un racconto che perde pezzi qua e là e che fa cortocircuitare la logica. Per il pubblico invece, e soprattutto per i nolaniani, è un racconto pieno di fascino sui misteri dell'universo, in cui non tutto deve essere perfetto in nome della sospensione dell'incredulità.
La grande bellezza - Con Sorrentino è sempre così: o lo odi o lo ami. Per chi lo ama (vedi anche alla voce The Young Pope) è l'affresco 2.0 di una Roma decadente, amorale, vanitosa e corrotta, un capolavoro cinematografico che oscilla tra surrealismo e poesia da una parte, cinismo e sarcasmo dall'altra. Chi lo odia ha trovato il film un concentrato di snobismo radical chic, che mette in scena un bestiario di personaggi improbabili e detestabili. Ma soprattutto lentissimo e con assurdità random come la giraffa e la Santa.
Miglior regia, attore protagonista e fotografia sono stati gli Oscar principali di questo film che ha finalmente consegnato nelle mani di DiCaprio la tanto sospirata statuetta. Per chi lo osanna è un film poetico, sia nella messa in scena sia nella narrazione di un sofferto racconto di vendetta, però molti l'hanno trovato un esercizio stilistico ben cesellato, ma senz'anima.
Il gladiatore - Per i cultori del film di Ridley Scott è un kolossal che potrebbe sfilare al fianco di un capolavoro di Cecile B. DeMille, corredato di un concentrato di battute da declamare in ogni occasione e con un protagonista dal carisma unico e un villain iconico. Per i detrattori è un sopravvalutato pop-corn movie dopato di retorica diretto da un regista che un tempo era un autore e oggi un tuttofare.
Gravity - Un film di Alfonso Cuaron che è stato osannato perché mostra lo spazio come non l'abbiamo mai visto, facendocene percepire la pericolosità, il silenzio e il vuoto che vi regnano sovrani. Chi lo critica non ha sopportato l'happy ending inverosimile, buonista e fin troppo retorico, ma soprattutto le sottolineature metaforiche della Bullock (che nel film ha perso una figlia) rannicchiata come un feto in un grembo materno.
The Millionaire - Una storia di riscatto personale e sociale compiuta da un ragazzino indiano che dagli slumdogs di Bombay riesce a diventare ricco e conquistare l’amore della sua vita: come potevano l’Academy e il pubblico non farsi commuovere da questa storia? Eppure per tanti - soprattutto per la critica - è una favola scontata e con personaggi piatti, che ha la sua forza nel presentarsi in una veste esotica per il pubblico occidentale, ma per la quale 8 premi Oscar sembrano davvero esagerati.
The Artist - Jean Dujardin e Bérénice Bejo sono belli e pieni di fascino, il cane è simpatico e nell’insieme The Artist è un film adorabile, ma basta questo a giustificare che questa versione moderna in bianco e nero abbia vinto 5 premi Oscar? Per molti assolutamente no. Eppure il sentimento di nostalgia per l'epoca del muto e della Hollywood dei film di cappa e spada e dei musical da cui è permeato, la parte centrale alla "Viale del tramonto" con la storia della caduta rovinosa del divo che poi risorge, hanno commosso folle di spettatori disponibili a vedere un film senza parole.
Matrix - È passato molto tempo da quando il film è uscito al cinema. Era il 1999 e già allora spaccò i cervelli. Non era ancora epoca di virtualità spinta come oggi e il film venne considerato un capolavoro filosofico e metafisico che svelava segreti paragonabili a quelli dei Veda indiani. Per molti non è altro che un action ormai datato, pieno di effettoni speciali, e con una manciata di concetti new age sparpagliati random al suo interno.
La vita è bella - È possibile mettere in scena una favola ai tempi delle leggi razziali? Trasformare un campo di concentramento nel parco giochi di un bambino? Per molti, compresa l'Academy, è un film commovente e meritevole di essere premiato. Per altri è un film irrispettoso di una delle più grandi tragedie del secolo scorso, che ha sacrificato il talento indiscutibile di Benigni sull'altare della lacrima facile e della consacrazione internazionale.