Chi non conosce Remi? Sono pochi gli adulti che non ricordano le strazianti avventure del piccolo orfano girovago che, attraverso la musica, riesce a incantare il pubblico e a trovare la strada di casa. Nato 141 anni fa dalla penna di Hector Malot (il romanzo Senza famiglia è stato pubblicato per la prima volta nel 1878), Remi è stato protagonista di numerose trasposizioni sia cinematografiche che televisive, di cui la più famosa è senz’altro la serie anime del 1977 realizzata da Tokyo Movie Shinsha. Ora arriva al cinema un nuovo adattamento per tutta la famiglia. Qu la recensione di Remi, il toccante film in live action.
Recensione di Remi
La trama
Remi è un bambino di 11 anni che vive in una piccola fattoria in mezzo al nulla con la mamma, la signora Barberin, e la sua unica amica, la mucca Rosetta. Al rientro del padre che non aveva mai conosciuto, Remi scopre però un’amara verità: quella non è la sua vera famiglia. Trovato sulla soglia di una chiesa da neonato avvolto in una ricca mantellina, era stato tenuto dalla signora Barberin perché aveva perso da poco suo figlio e aveva bisogno di donare amore, ma il marito ora quella bocca in più non la vuole più sfamare. Per questo cede il ragazzo a Vitali, un artista di strada che ha intravisto in Remi un dono. Spezzato l’unico legame che aveva mai conosciuto, Remi inizia la sua avventura per le strade della Francia con un uomo che diventerà il suo maestro di vita, che imparerà ad amare come un padre, e che lo condurrà a scoprire la sua vera identità.
Dal romanzo al film
La storia di Remi, giovane erede di una nobile famiglia che viene privato dei suoi affetti da uno zio malvagio che vuole prendere il suo posto nella successione delle ricchezze, è ancora oggi attualissima, nonostante sia passato quasi un secolo e mezzo dalla stesura del romanzo. Non tanto per la trama in sé, naturalmente, quanto per il percorso di formazione che affronta il giovane protagonista alla scoperta di se stesso e per la morale che lo accompagna. Il romanzo, come il film e l’anime che lo ha preceduto, vuole mostrare ai ragazzi che si affacciano all’adolescenza che, nonostante sulla loro strada possano incontrare ogni tipo di ostacoli, devono sempre tenere testa alle avversità e puntare dritto alla meta. Perché alla fine la tenacia vince sempre.
Le atmosfere dickensiane
Per adattare il racconto di Hector Malot, il regista Antoine Blossier (al suo terzo film dopo l’horror Prey e la commedia per ragazzi The Grad Job) ha tratto ispirazione da quello che considera come un mentore, Steven Spielberg, per realizzare un film dolce amaro sul percorso di formazione che un ragazzo deve intraprendere per diventare l’adulto che sogna di essere. Nel passaggio dal romanzo al film si è preso alcune libertà per poter stare all’interno della durata di un prodotto per famiglie e per semplificare la complessità della narrazione di un romanzo d’appendice. Ritagliando soltanto il superfluo, il regista è riuscito a mantenere intatto lo spirito e gli snodi più importanti della storia; tenendo anche alcuni momenti di forte drammaticità (come la morte degli affetti a lui più cari), che sono però necessari per temprare il carattere di Remi, che trova così la forza di andare avanti e di perseverare nella sua mission: ritrovare la sua vera famiglia.
Tra spunti dickensiani e una fotografia che omaggia i chiaroscuri di Caravaggio, Remi affonda le sue radici anche nel naturalismo delle ambientazioni che, mostrando la potenza della natura (vedi la tempesta di neve), sembrano uscite da una collezione di cartoline. Un film dai toni epici ma dal grande cuore accompagnato da un cast di grande bravura.
I personaggi
A dare vita al film infatti ci pensano alcuni importanti attori del panorama francese come l’eccezionale Daniel Auteuil, qui nei panni del viandante Vitali che ha lo scopo di sorreggere l’esordio riuscitissimo di Maleaume Paquin, alias Remi. D’altronde questo tipo di accoppiata è ormai uno strumento collaudato nei nuovi film per famiglie francesi, già utilizzato con successo in Belle e Sebastien (Tchéky Karyo e Félix Bossuet) e Heidi (Bruno Ganz e Anuk Steffen). Il film di Remi in più ha potuto contare sulla presenza di altri grandi nomi come Jacques Perrin, Virginie Ledoyen e Ludivine Sagnier che hanno contribuito ulteriormente alla qualità della recitazione.
Visto con i bambini – La recensione di Remi
“Dolce Remi… piccolo come sei!”. Purtroppo sia Alex (10 anni) che Giorgio (8 anni) non hanno mai avuto l’occasione di guardare la serie animata di Remi. Sono così arrivati al cinema completamente ignari di quello che avrebbero visto. La vita dura di Remi, l’allontanamento dalla sua prima famiglia e le sue disavventure hanno rattristato molto entrambi, incapaci di credere che un bambino possa davvero vivere un simile quantità di abbandoni e privazioni, compreso la morte dei suoi amici più cari. Il finale consolatorio li ha in parte ripagati delle sofferenze provate insieme a Remi durante il film. Importante per loro è stato anche scoprire insieme al protagonista che nulla è stato vano perché alla fine il coraggio e la tenacia vengono sempre premiati. Una storia che catapulta i genitori ai tempi della loro infanzia e che emoziona tutta la famiglia.
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