Winnie the Pooh e i suoi amici sono tornati. Non in un’altra avventura animata destinata a un pubblico prescolare però, ma in un film live action dove i personaggi, in carne e ossa, interagiscono nel mondo reale. Per la precisione nella Londra degli anni ’50.
La recensione di Ritorno al bosco dei 100 acri
La trama
La storia inizia anni prima, quando Christopher Robin, un bambino di appena 9 anni, è costretto a dire addio ai suoi amici per trasferirsi in un college dove gli verrà insegnato a diventare un adulto modello. Gli anni passano e il bambino, diventato ormai grande, si sposa, parte per la guerra, diventa padre e trova un lavoro importante presso un’azienda che realizza valigie di lusso che lo assorbe completamente facendogli trascurare la famiglia. Come se non bastasse, la crisi post bellica inizia a farsi sentire e gli viene chiesto di lavorare nel weekend per trovare una soluzione ai costi troppo elevati, altrimenti verranno tagliati dei posti di lavoro. Purtroppo però quel fine settimana coincide proprio con quello organizzato per trascorrere alcuni giorni in famiglia nel cottege di campagna dove è cresciuto. Cosa fare?
A venire in aiuto di un compìto e poco premuroso marito e padre arriva Winnie the Pooh. Il tenero orsetto ha perso i suoi compagni e solo il suo vecchio amico di un tempo può aiutarlo a ritrovarli. Ma Christopher prima di poter risolvere il problema dell’orsetto dovrà riuscire a ritrovare se stesso.
Un film per tutta la famiglia
Disney, con la realizzazione di un film live action su Winnie the Pooh, è riuscita nel difficilissimo compito di rendere i personaggi tanto cari dai bambini in età prescolare adatti a tutte le età. I più piccoli rimarranno incantati di fronte all’incredibile realismo della Computer Grafica che porta in vita gli amatissimi peluche. Gli adulti verranno contagiati dall’effetto nostalgia di molte scene, soprattutto quelle in cui Christopher Robin torna nel Bosco dei 100 acri. E persino i bambini più grandi troveranno un divertimento adatto a loro: per esempio quando il tenero orsetto e i suoi amici si ritrovano a Londra alle prese con avventure di tutti i tipi. Un po’ come succedeva a Paddington nei suoi film.
Ricordando Mary Poppins
Puntando più sull’effetto malinconia che sulla comicità vera e propria, il regista Marc Forster (che nel 2014 aveva già affrontato un progetto simile con Neverland – Un sogno per la vita) ha cercato di coinvolgere il pubblico adulto con scene che richiamano l’atmosfera di Mary Poppins. Impossibile non ricordare la scena del film che ruota attorno alla canzone Due penny in banca durante i momenti che mostrano Christopher Robin (alias Ewan McGregor) alle prese con le riunioni aziendali.
Al di là di alcuni snodi narrativi un po’ troppo semplificati, il film è una importante riflessione su come il lavoro possa interferire nei rapporti familiari e su quanto sia fondamentale conservare la capacità di volare con la fantasia per riuscire a comunicare al meglio con i figli.
Visto con i figli
Alex e Giorgio, rispettivamente 9 e 7 anni, non sono più da tempo fan di Winnie the Pooh, anche se fino a pochi anni fa adoravano guardare e riguardare Winnie the Pooh e gli Efelanti. Anche per questo non erano molto convinti di guardare Ritorno al bosco dei 100 acri al cinema, convinti che si trattasse di un film per i “piccoli”. Una convinzione che hanno presto abbandonato quando sono stati coinvolti nelle vicende dei piccoli protagonisti, si sono immedesimati nella figlia di Christopher Robin, si sono divertiti all’impatto dei personaggi nella grande città e si sono lasciati intenerire dalle loro avventure. Un film “peluchoso”, come lo ha definito Alex, che ha fatto centro e ha scatenato le loro emozioni come aveva fatto Inside Out.
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