Tratto da un famosissimo romanzo di Jonathan Swift, metafora e satira della vita politica dell’epoca, e trasformato in baracconata tridimensionale da quel simpatico cialtrone di Jack Black. Bizzarro il destino di I viaggi di Gulliver, uno dei grandi classici della letteratura inglese più psichedelici e bizzarri – e insieme più crudeli e pungenti – che siano mai stato insegnati in un liceo. Bizzarro perché difficilmente Swift si sarebbe aspettato che la storia di Lemuel Gulliver potesse diventare un film per bambini. Probabilmente, se fosse ancora vivo, considererebbe tutta l’operazione come un naufragio delle sue ambizioni.
Lo stesso naufragio (pensavate che stessimo andando fuori tema, vero?) che colpisce la nave dello stesso Gulliver e lo costringe a vagare, sperduto e solingo, tra le isole del vasto oceano. Il naufragio in sé non è nulla di eccezionale: una tempesta, l’albero maestro che crolla, il povero Lemuel spiaggiato. Ma quanti disastri navali conoscete che si concludono su isole abitate da omini alti un dito, cavalli parlanti e giganti più grandi di una casa?
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