Un avvolgente ripresa in bianco e nero, notturna e seducente, del clima mondano e rutilante della Piazza Navona del 1973. Così si presenta ai nostri occhi il set romano di Ridley Scott, che nella capitale sta girando All the Money in the World, film sul sequestro di John Paul Getty III, celebre rampollo della ricchissima famiglia di petrolieri che venne imprigionato per estorcere del denaro alla famiglia. A interpretarlo c’è Charlie Plummer, giovanissimo attore dal viso pulito e celestiale e dalla bellezza stordente: capelli biondi che gli ricadono sulla schiena, sorriso luminoso anche se con un’ovvia punta d’oscurità e sigaretta in bocca mentre si aggira, in aggressivi abiti d’epoca (giacca bianca sgargiante, jeans a zampa d’elefante), per una delle piazze più belle di Roma, immersa nell’atmosfera dell’epoca e stipata di comparse (300, ci fa presente la produzione).
Uomini e donne che passano accanto all’erede sfortunato di un impero milionario a gruppi di due, come in una danza elegantemente coreografata sulle note emblematiche e felliniane di Nino Rota, che invadono Piazza Navona suonate dal vivo da una band e ne permeano in profondità l’atmosfera. Il tutto mentre la macchina da presa, attaccata al giovane Paul Getty, lo segue nella sua passeggiata notturna tra vespe, abiti sfavillanti e paparazzi per poi librarsi in aria, in maniera accecante, sulla Fontana dei Quattro Fiumi. Il set è frenetico e vivace, in pieno stile Dolce Vita: la scena di volta in volta si azzera e riparte con la stessa magia e il medesimo tocco evocativo, tra fotografi e mondanità, tra immaginazione e stupore: la lucentezza del sogno, però, da lì a poco, assumerà per il giovane Paul Getty III la nitidezza ben più torbida dell’incubo a occhi aperti.
Rifiuta le etichette per parlare del modo in cui sta girando e raccontando questa storia, il regista britannico Ridley Scott, che tra poco compirà ottant’anni, mentre sui motivi che lo hanno spinto a realizzare questo progetto ha le idee chiarissime: «Come diceva Hitchcock: la sceneggiatura, la sceneggiatura, la sceneggiatura. Sempre la sceneggiatura. L’ho letta in aereo mentre stavo andando in Australia e mi è rimasta in testa. Non si tratta di un biopic né di un film sulla vita di John Paul Getty III, ma di una sintesi di un periodo molto circoscritto della sua vita: quei cinque mesi di rapimento così rappresentativi dell’Italia dell’epoca, un paese straziato dalla piaga dei rapimenti», ha detto il regista ai giornalisti riuniti in una sala di Palazzo Braschi, a due passi da Piazza Navona.
Ha lo sguardo curioso e attento, Scott, con gli occhi azzurri che saettano vigili, partecipi e ironici. Non si fa mancare un’osservazione iniziale sulla bellezza della sala rinascimentale in cui lo aspettiamo, per rompere il ghiaccio e mettersi a proprio agio, ma non risparmia nemmeno delle osservazioni sull’Italia, entrata di prepotenza in questo progetto. «Chiaramente non mi interessava fare un film storico sull’Italia di quegli anni e non avrei potuto farlo, ma mi premeva raccontare una storia personale in chiave epica. Con mio figlio Jake, quando era ancora piccolino, siamo andati in vacanza in Sardegna, una dei viaggi più belli della nostra vita. Andammo vicino a Palau, proprio dove il produttore farmaceutico Rolf Shild fu rapito all’epoca con la moglie e la figlia di quindici anni. Lui fu rilasciato e poi anche la moglie a seguire, ma la figlia rimase prigioniera sulle montagne sarde quasi un anno. Ricordo che in quegli anni il turismo ebbe un crollo vertiginoso perché gli stranieri temevano, venendo in Italia, di essere rapiti».
Il vero John Paul Getty III venne preso ostaggio in Piazza Farnese dalla ‘ndrangheta calabrese, in particolare dalle ‘ndrine dei Mammoliti, e un orecchio del ragazzo insieme ad alcune foto vennero mandati a Il messaggero: un caso clamoroso che all’epoca, anche in virtù delle sue componenti macabre, non mancò di scandalizzare l’opinione pubblica. Specie quando il nonno, il patriarca John Paul Getty senior, accusato da qualcuno di avarizia, si rifiutò in un primo momento di pagare il riscatto del nipote uscendosene con la celebre frase: «Ho 14 nipoti, se uscissi un centesimo mi ritroverei con 14 nipoti rapiti». All the Money in the World, dopotutto, è un modo di dire britannico per indicare una persona molto ricca: tutti i soldi del mondo, letteralmente (ed è lo stesso Scott a chiederci se il titolo ci piace e ci convince, ottenendo pareri positivi).
Il nonno John Paul Getty è interpretato da Kevin Spacey, che fa la sua apparizione sul set a riprese quasi terminate, in serata: è un’emozione ritrovarselo davanti, l’aria rilassata e dimessa con tanto di cappello con visiera e occhialetti, mentre osserva il set e scherza con Ridley Scott a ridosso di una tenda privata nella quale il regista osserva il proprio monitor. «Kevin Spacey è stato fin da subito la mia prima scelta – dice Scott a proposito del protagonista di House of Cards – non appena ho finito la sceneggiatura sapevo che era lui Paul Getty senior e quando ho mandato a Kevin la sceneggiatura lui mi ha risposto in un battibaleno. Trovo che abbia anche la fisicità giusta per questo ruolo, un corpo che gli permette di trasformarsi senza troppo trucco». Paul Getty III fu liberato il 17 Dicembre sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria ma da quell’esperienza non si seppe più riprendere, con una vita turbolenta all’insegna di alcol e droghe che ne minò la salute fino all’ictus del 1981 causato da un’overdose. Morì a 54 anni, dovendo oltretutto restituire al nonno, rigorosamente a rete, il riscatto pagato per liberarlo, che ammontò a circa seicento milioni di lire.
Michelle Williams, anche lei presente a Roma in questi giorni per girare, interpreta invece la madre del giovane, Gail Harris, che ebbe un ruolo decisivo nella vicenda, perché chiese riserbo ai media per trattare con i sequestratori. «Per interpretarla ho scelto Michelle, perché è un’attrice di grande talento e sapevo che sarebbe stata in grado di restituire l’intelligenza e l’autorità di questa donna così forte, dato che sono i suoi tratti più emblematici. Michelle è un’interprete molto preparata e ha letto e visto tutto quello che si poteva leggere e vedere sul personaggio».
A Roma la produzione è arrivata poco più di un mese fa (il film, oltre che da Imperative Entertainment e Scott Free, è prodotto anche dalla nostra Lucky Red) e si è già girato in luoghi come la Galleria Barberini, Palazzo Braschi, Prati, Manziana (le scene calabresi), ma anche Bracciano e altre località a ridosso di Roma. La produzione si trasferirà poi a Londra tra una decina di giorni e a seguire in Giordania.
Scott è contentissimo di essere a Roma e il suo nella capitale è un ritorno, a diciassette anni di distanza da Il gladiatore: «La cosa che più mi ha fatto piacere riguardo a Il gladiatore è quella lettera che mi ha scritto il capo di dipartimento dell’Università di Storia di Cambridge. Mi ha ingraziato perché a suo dire il mio film, anche se storicamente è tutt’altro che irreprensibile, ha il merito di aver ridato vita all’impero romano e di aver risvegliato, nei miei studenti, un interesse per la storia che in passato non avevano mai registrato».
Foto: Repubblica.it
Qui sotto potete vedere il giovane protagonista Charlie Plummer che gioca con le sigarette atossiche di scena; Michelle Williams, che recita nei panni di sua madre e Kevin Spacey in quelli di suo nonno.
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