Il videogioco
Dishonored (Arkane Studios, 2012)
Di cosa parla
Di una versione distopica della Londra vittoriana, chiamata Dunwall, in cui la principale fonte di energia è l’olio di balena (c’è chi l’ha definito “whalepunk”) e in cui l’Imperatrice viene assassinata da un gruppo di cospiratori che incolpano del crimine il protettore di Sua Maestà (e protagonista del gioco) Corvo Attano. E della vendetta che Corvo, assassino silenzioso e dotato di poteri sovrannaturali, attua contro chi gli ha rovinato la reputazione, la carriera e la vita.
Perché potrebbe funzionare
Innanzitutto perché l’ambientazione è potente sia dal punto di vista visivo sia concettuale: Dunwall è una delle città più originali e affascinanti da esplorare (per quanto piagata dalla peste e molto probabilmente maleodorante) a memoria di videogiocatore. E poi perché il protagonista è un killer letale, silenzioso, elegante e implacabile: in mano a un regista che sa gestire insieme l’azione e i silenzi potrebbe essere un action da urlo.
La wishlist
Matthew Vaughn ha dimostrato in Kick-Ass una capacità unica di sfruttare l’estetica dei videogiochi e applicarla al cinema (si veda la scena di Hit-Girl che si infiltra nel magazzino). Andrebbe solo costretto a ridurre la palette dei colori che usa a tinte cupe come il blu e il marrone, per evitare la baracconata. Il protagonista, invece, non parla mai e porta sempre la maschera: che scelgano chi gli pare, finché è agile e credibile come assassino.