A.C.A.B., poi Romanzo di una strage, e ora Diaz.
Tre film sulla Polizia in soli tre mesi.
Ecco una cosa che non pensavo di vedere, specialmente nel Paese di Commediòpoli, dove se non fai ridere, e quindi non fai soldi, al cinema non sei nessuno. Un segnale interessantissimo, anche perché ho seguito tutti e tre i film da vicino, come responsabile di Supercinema, la rubrica del venerdi sera su Canale 5, che a questi tre film ha dato l’ampio spazio che meritano e che si sono conquistati. Spesso contro tutti i presagi e i pronostici.
Innanzitutto è un fatto importante perché segnala che i produttori vogliono rompere gli steccati obbligati della commedia, per non “morire… dalle risate”. Risate che spesso – negli ultimi film – latitano, per esaurimento della vena dopo lo sfruttamento intensivo degli ultimi anni. Tre atti di coraggio, due di Cattleya (ACAB e Romanzo) uno di Fandango (Diaz) in cui il recupero dell’investimento è certamente più aleatorio che in altri filmetti, ma che evidenzia come e quanto il nostro cinema può ritrovare un’identità se torna ad occuparsi dei tanti lati oscuri del nostro Paese. Come, ad esempio, le devianze, i malfunzionamenti ed il rapporto tra la nostra Polizia e i cittadini che ne sopportano i costi come guardiana della democrazia, e non come sua attentatrice. Tre film, inoltre, che dimostrano quanto e come abbiamo i registi, gli autori, gli attori e le maestranze per farli, categorie fortunatamente non dissoltesi dopo le infinite traversie passate dal nostro cinema negli ultimi dieci o vent’anni. Un cinema d’autore, ma dedicato alla gente, al pubblico, con tre film che sono in grado di sostenere l’urto di qualsiasi concorernte straniero per qualità e solidità. Meno, forse, per la promozione, ma quello è un problema – è giusto che i lettori di Best Movie se lo ricordino – solo di denari, e se noi in questo momento ne abbiamo pochini il cinema ne ha meno ancora.
Ma c’è un altro motivo per cui il ritorno ad un cinema spettacolare, ma comunque d’impegno civile, storico e giornalistico, ci fa sentire più fiduciosi nel futuro della nostra produzione, dopo un anno – il 2011 – che non ha brillato per numero di spettatori in sala e con un inizio di 2012 abbastanza simile. E cioè che è proprio da questi film che in Italia può rinascere quel cinema di genere, e di generi, in grado di rimettere in piedi il tessuto connettivo per la rinascita di un’industria. Come negli anni sessanta e settanta, quando cioè i “prototipi” d’autore dei vari maestri del cinema italiano fecero nascere i generi della commedia all’italiana e della commedia sexy, del poliziesco e poliziottesco, dello spaghetti-western, dell’horror e dell’horror-religioso e persino del comico-demenziale. Generi nati per accontentare i gusti di tutti e che hanno fatto grande il nostro cinema in casa e all’estero.
Perché anche al cinema non si può sempre e solo ridere. A volte, bisogna anche pensarci sopra.
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