Alexander Payne ha aperto Venezia 74 con Downsizing (qui la nostra recensione), una parabola fantasiosa che immagina per la razza umana la possibilità di rimpicciolirsi, abbattere i costi della vita e ridurre le problematiche di una situazione divenuta sulla Terra sempre più insostenibile. Un film spiazzante e surreale che si sofferma su tante tematiche relative al mondo contemporaneo e offre non pochi spunti di interesse, soprattutto in partenza, su ecologia e sostenibilità, razzismo e disponibilità ad aprirsi all’altro.
Nel presentare il film a Venezia il regista ha posto l’accento soprattutto sul tono di Downsizing, che secondo lui avrebbe lo stesso taglio ironico delle sue precedenti sceneggiature, scritte quasi sempre con il collaboratore storico Jim Taylor, che ha co-firmato insieme a Payne anche il copione di Downsizing.
Interrogato su cosa l’elettorato di Trump potrebbe pensare del film, il regista di Sideways e Paradiso amaro ha preferito defilarsi: «Non lo so proprio, è difficile prevedere l’effetto che questo film avrà sulla gente in generale». Parole che trovano pieno riscontro in quelle di Taylor: «Siamo più interessati all’umanesimo che al politico, che per noi dovrebbe rimanere una cosa personale».
Del suo regista è entusiasta, invece, il protagonista Matt Damon, che nel film interpreta Paul Safranek, un uomo che decide di farsi rimpicciolire insieme alla moglie per fronte a una situazione economica non proprio entusiasmante: «Sarei pronto a recitare anche l’elenco del telefono per Alexander Payne e credo che qualsiasi attore vorrebbe lavorare con lui. È estremamente meticoloso, fa 20 o 30 ciak se necessario e il mio compito è estremamente facile quando si lavora con un regista di tale precisione. Il mio è un personaggio capace di collegarsi agli altri ma con una vita diversa dalla nostra di tutti i giorni. In fin dei conti Downsizing è un film ottimista, il più ottimista di Alexander e credo che dica molto di lui».
Nel film c’è anche quello che qualcuno ha definito in conferenza stampa, non senza una nota sottilmente polemica o quantomeno critica, un certo capitalismo dei buoni sentimenti, con alcune punte di retorica sulla povertà. «Spero che il mio non sia un film troppo vago o confuso, ma non me la sento di dare ragione al cento per cento a Matt: è un film ottimistico per certi aspetti e pessimistico per altri. A un certo punto non ci siamo più curati delle leggi della fisica, per dare spazio ad altro».
Presenti in conferenza stampa anche Kristen Wiig, che nel film presta il volto alla moglie di Damon («Più che rimpicciolirmi io mi ingrandirei!») e l’attrice Hong Chau, un’attivista vietnamita che avrà un ruolo fondamentale nell’evolversi della storia: «Tutti i film di Alexander hanno una grande componente di umorismo e in giro non è facile trovare un personaggio che non sia unidimensionale come il mio. Alexander vuole l’autenticità, per cui non intendevo pensare troppo al mio personaggio. Volevo un tocco veritiero ma senza perdere la brillantezza del ritmo della scrittura di Alexander».
In chiusura, Alexander Payne ha avuto modo di dare qualcosa di molto interessante sul rapporto tra Downsizing e i maestri della letteratura russa: «Sono un fan di Anton Cechov, anche se non collegherei mai il nostro lavoro a un maestro così grande. Ha iniziato come scrittore di sketch e non ha mai perso quella vena. Da lui abbiamo imparato che per sintonizzarsi sull’emotività di una storia non si può prescindere dalla componente fredda che l’attraversa».
Qui la nostra sezione dedicata alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia.
Foto: Getty Images
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