Alla periferia di Parigi c’era un grande quartiere popolare che qualche settimana fa è stato completamente abbattuto. Si chiamava Cité Gagarine, in onore di Yuri Gagarin, il cosmonauta russo che andò addirittura a inaugurarlo negli anni ’60. Da lì molti hanno cercato di andarsene, ma alcuni giovani invece hanno provato a restare. Come Yuri, il protagonista del bel film Gagarine di Fanny Liatard e Jérémy Trouilh presentato ad Alice nella città e in sala prossimamente per Officine Ubu.
Il ventenne Youri (Alseni Bathily) vive da sempre a Cité Gagarin. I condomini sono decadenti e rischiano l’abbattimento, ma lui non si rassegna: prova ad aggiustare quel che può, aiutato da alcuni amici. Quando il Comune notifica la demolizione e gli inquilini iniziano a trasferirsi, Youri decide di restare a Cité Gagarin costruendosi una sorta di navicella spaziale fra gli edifici in smantellamento. Per lui, il sogno dello spazio e di una vita diversa rimane tutta fra quelle mura.
«Abbiamo voluto raccontare con sguardo diverso le persone di Cité Gagarine, che sono solitamente stigmatizzate e stereotipate, e ne soffrono moltissimo», dicono i registi. «Lì sono vissute diverse generazioni che hanno creato una comunità molto forte e che, come Youri, spesso non avrebbero voluto andarsene».
Oggi la Cité Gagarin è scomparsa: «Gli ultimi colpi di bulldozer sono stati dati qualche settimana fa. Dal punto di vista visivo è stato vertiginoso veder scomparire un edificio così enorme dal panorama parigino». Il film, però, è stato girato poco prima dell’abbattimento, «nel momento in cui la Cité era stata abbandonata dai suoi abitanti ma era ancora tutta in piedi, circondata dalle barricate. Era surreale: noi avevamo il nostro cosmonauta, e intorno c’erano gli operai che portavano via l’amianto vestiti come astronauti. Realtà e finzione si sono mischiati a meraviglia».
La sceneggiatura è ispirata agli abitanti del quartiere: «Quando l’abbiamo scritta, tre anni fa, a Cité Gagarin abitavano ancora circa 370 famiglie. Ci hanno raccontato le loro paure, i loro sogni. Man mano, negli anni, le abbiamo viste andare via, ma molte sequenze sono tratte dalla loro vita. In più un centinaio di loro hanno partecipato alle scene di massa facendo le comparse: questo ha aggiunto al film molta verità», raccontano Fanny Liatard e Jérémy Trouilh.
Il cinema ha spesso raccontato la periferia parigina, ma quella di Cité Gagarine era una comunità speciale: «Il nostro film comincia con immagini di repertorio, quando vediamo Yuri Gagarin che inaugura la Cité e la gioia immensa di chi sta per andare ad abitare in quegli alloggi, allora moderni e futuristici. Oggi assistere alla demolizione di questi immobili significa vedere la demolizione di questa utopia. Ci sono delle difficoltà materiali nel vivere in quartieri simili ma ci sono anche una grande solidarietà e delle associazioni che si battono per cercare di migliorare le condizioni di vita degli abitanti».
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