A Cannes 76, nell’ultimo giorno di proiezioni del Concorso, tocca al terzo e ultimo film italiano, ovvero La chimera di Alice Rohrwacher, che torna in competizione ufficiale sulla Croisette dopo il premio alla sceneggiatura vinto nel 2018 per Lazzaro felice. Il protagonista della storia è Arthur, un archeologo britannico interpretato da Josh O’Connor (il giovane Carlo d’Inghilterra, oggi re, in The Crown), di ritorno in una piccola città sul mar Tirreno dove ritrova la sua sciagurata banda di tombaroli, ladri di corredi etruschi e di meraviglie archeologiche.
Arthur ha un dono che mette al servizio della banda: sente il vuoto. Il vuoto della terra nella quale si trovano le vestigia di un mondo passato. Lo stesso vuoto che ha lasciato in lui il ricordo del suo amore perduto, Beniamina (che ha il volto di Yile Vianello, interprete del primo film della regista, Corpo Celeste). In un viaggio avventuroso tra vivi e morti, tra boschi e città, tra feste e solitudini, si svolgono i destini intrecciati di questi personaggi, tutti alla ricerca della Chimera del titolo. Ognuno infatti insegue la sua, di chimera, senza mai riuscire ad afferrarla. Per alcuni è il sogno del guadagno facile, per altri la ricerca di un amore ideale…
“I film mi sembrano una grande un’occasione per individuare i legami tra le cose, più che le cose direi appunto i rapporti tra le cose – ha detto la regista parlando in conferenza stampa alla stampa italiana all’Italian Pavilion – Il rapporto tra l’uomo e la natura e dell’uomo con l’invisibile è centrale nella mia vita e anche in questo film. Detto così sembra un film molto mistico, ma in realtà ciò che è visibile conta quanto ciò che non si vede. La chimera è qualcosa che tutti cerchiamo di raggiungere ma non riusciamo mai a raggiungere. I tombaroli nella loro giocosità e mascolinità sono affiancati da un animo sensibile che cerca altro, proprio per raccontare un sopra e un sotto. Fin da piccole, con mia sorella Alba, nella nostra regione, sentivamo raccontare di questi maledetti tombaroli che andavano in giro a rubare nelle tombe. Un’attività contro la legge del giorno e dei vivi, ma anche contro la legge della notte e dell’ invisibile. Il loro coraggio di sfidare queste leggi mi aveva sempre turbato”.
“L’arte del cinema è molto vicina alla mia vita. Io sono nata nella famiglia circense di Alice e poter unire le mie origini a quello che faccio è bellissimo”, ha detto invece la sorella della regista, Alba Rohrwacher, che nel film interpreta un piccolo ruolo ma molto significativo sul piano dei richiami alla cultura etrusca, centrali in La chimera e tutt’altro che casuali, data l’attenzione che la popolazione poneva alle pratiche e ai riti di passaggio che dovevano accompagnare la persona defunta nell’aldilà.
“Il film è anche un film sul rapporto con le storie, sul credere alle storie – aggiunge Rohrwacher – Nelle storie mitologiche c’è spesso una porta per l’aldilà, come in Orfeo ed Euridice. Credere a questa storia fa sì che la storia diventi vera. Volevo raccontare una storia mistica, ma in maniera molto poco aulica e mistica. Il film è molto corrispondente alla sceneggiatura, anche se guardandolo alcune scene possono sembrare improvvisate è tutto molto scritto. A leggerla poteva sembrare una storia molto romantica, quasi alla Cime tempestose, ma ci sono anche ironia e leggerezza sopra la passione romantica che anima i personaggi e una comicità nella drammaticità: sembrano tutti personaggi di una fiaba“.
Riguardo alla sua nuova partecipazione a Cannes, Rohrwacher, il cui film schiera nel cast anche l’attrice brasiliana Carol Duarte nel ruolo di Italia e Isabella Rossellini in quello di Flora, ha detto: “C’è sano panico e terrore quando si presenta il lavoro di anni a una platea internazionale, ma sono accompagnata da persone che amo e stimo particolarmente. Sono molto onorata di essere accanto a questi maestri come Bellocchio e Moretti, ma potrei dire anche Ken Loach e Aki Kaurismaki. sono persone che continuano ad amplificare la mia libertà di sguardo. I miei film sono il desiderio di raggiungere qualcosa che sfugge sempre, ciò che ci unisce nonostante le diversità. Il cinema, anche in tempi di narrazioni per le piattaforme come questi dove ti dicono sempre che manca il gancio, non deve avere ganci, dev’essere libero”.
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