Nel mare di anime che hanno segnato gli anni 2000, Wolf’s Rain è uno di quei titoli che non ha mai avuto la visibilità che meritava. Uscito nel 2003, diretto da Tensai Okamura e scritto dalla compianta Keiko Nobumoto (già autrice di Cowboy Bebop), questo anime si presenta come una favola distopica dai toni malinconici, profondamente esistenziale, capace ancora oggi di toccare corde emotive che raramente si vedono nell’animazione giapponese.
La trama segue un gruppo di lupi in grado di assumere sembianze umane: Kiba, Tsume, Hige e Toboe. In un mondo ormai corrotto e sull’orlo del collasso, questi animali leggendari sono spinti dal richiamo dei Fiori della Luna, guidati da un’ancestrale promessa: l’esistenza di un Paradiso perduto che solo i lupi possono raggiungere. Insieme a loro c’è Cheza, la cosiddetta Fanciulla dei Fiori, misteriosa e fragile incarnazione del legame tra natura e spiritualità.
Ma Wolf’s Rain non è semplicemente una storia di viaggio e redenzione. È una meditazione sul dolore, sull’identità e sulla fine. Ogni personaggio è intrappolato in un mondo che non comprende, costretto a fingere, a nascondersi, a sopravvivere in un corpo che non sente suo. I lupi, pur essendo creature “pure”, devono mimetizzarsi tra gli esseri umani, e nel farlo perdono lentamente il contatto con ciò che sono davvero.
Quello che rende Wolf’s Rain unico è il suo linguaggio narrativo. La serie sceglie il silenzio, la lentezza, la contemplazione. I momenti di azione sono rari, misurati, mai gratuiti. Il vero motore del racconto è l’emozione non detta, il dolore che si nasconde sotto la superficie. La colonna sonora, firmata da Yoko Kanno, accompagna ogni scena con una sensibilità rara, alternando tracce eteree, malinconiche, ma anche solenni e minacciose.
Non ci sono buoni o cattivi assoluti in Wolf’s Rain. Anche i cosiddetti “antagonisti”, come Darcia o Quent, sono mossi da traumi, perdita, rimorso. E proprio questa ambiguità morale contribuisce a rendere la serie profondamente umana, nonostante i suoi protagonisti non lo siano affatto.
Il finale di Wolf’s Rain è uno dei più devastanti mai scritti per un anime. E proprio per questo, uno dei più memorabili. Non chiude la storia in modo rassicurante, non offre certezze né promesse. Eppure, nella sua ambiguità, regala un senso profondo di pace. Il Paradiso, forse, non è un luogo reale: è l’idea che anche nella sofferenza, nella perdita e nella fine, ci possa essere qualcosa di più. Una rinascita, una nuova possibilità, anche solo spirituale.
Il finale vero e proprio, contenuto negli episodi OAV (27-30), completa e amplifica quanto raccontato nella serie TV. Tuttavia, a causa di problemi produttivi, l’anime fu rallentato da quattro episodi riassuntivi (15-18) che ne compromisero la continuità narrativa. Solo oggi, grazie alla raccolta completa disponibile su Crunchyroll, è finalmente possibile vedere Wolf’s Rain come era stato pensato: un’opera compatta, coerente e struggente.
Nel panorama odierno dell’animazione giapponese, sempre più dominato da iperattività, poteri sovrannaturali e loop narrativi da videogioco, Wolf’s Rain si distingue come un rifugio emotivo e intellettuale. Non urla, non corre. Cammina con passo lento e deciso, e in questo viaggio racconta molto più di quanto dicano mille battaglie.
Quando uscì, l’anime non ebbe la fortuna commerciale di titoli come Naruto, InuYasha o Fullmetal Alchemist. Era troppo cupo, troppo adulto, troppo “lento” per i palinsesti televisivi dell’epoca. Ma a distanza di 22 anni, proprio quella lentezza — quella poetica del vuoto, del gelo, del non detto — è ciò che lo rende ancora attuale.
Wolf’s Rain è un anime che va sentito più che guardato. È una favola triste, un’elegia post-apocalittica, ma anche un viaggio interiore che parla di noi, delle nostre fragilità e della nostra eterna ricerca di senso. Chi lo scopre oggi per la prima volta resta colpito dalla sua intensità emotiva. Chi lo rivede, lo fa con gli occhi pieni di lacrime e di gratitudine.
Leggi anche: Le rose di Versailles: il nuovo anime di Lady Oscar arriva anche in Italia. Ecco dove e quando
Fonte: CBR
© RIPRODUZIONE RISERVATA