Animali fantastici 2: i crimini di Grindelwald, il One Man Show di Johnny Depp
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Animali fantastici 2: I crimini di Grindelwald, il One Man Show di Johnny Depp

Nel secondo capitolo della saga spin-off di Harry Potter sceneggiata da J.K. Rowling è il villain del divo a dominare la scena

Animali fantastici 2: I crimini di Grindelwald, il One Man Show di Johnny Depp

Nel secondo capitolo della saga spin-off di Harry Potter sceneggiata da J.K. Rowling è il villain del divo a dominare la scena

Johnny Depp in Animali fantastici: I Crimini di Grindelwald

Questa recensione contiene alcuni spoiler, ma tali da non rovinare la visione del film 

L’incipit è folgorante. Introduce il personaggio di Gellert Grindelwald, trasmettendone da subito tutta la ferocia, l’abilità magica e il magnetico carisma. Introdotto come un manipolatore, a cui si è dovuta togliere la lingua per impedire che seducesse e quindi corrompesse i secondini del carcere di massima sicurezza in cui è rinchiuso all’interno del ministero della magia di New York, domina la scena sin dalle prime battute.
Finalmente lontano dalle guasconerie sparrowiane, Johnny Depp ritrova qui un ruolo più adatto al suo physique du rôle – in odore burtoniano, dal pallore lunare e gli occhi diversi l’uno  dall’altro -, tramite cui far brillare il talento e la presenza scenica. 
J.K. Rowling, dopo il primo episodio molto umoristico incentrato su Newt Scamander e sui suoi comprimari americani (Tina, Queenie e il babbano Kowalski), mette in piedi un One Man Show dark e sinistro imperniato su Depp, lasciando un po’ ai margini tutti gli altri personaggi, compresi il supposto protagonista, preferendo puntare i riflettori in seconda su Leta Lestrange, magnifica outcast sin da bambina a causa di un terribile segreto che si porta dentro e che la rende la migliore amica ideale per l’asociale Newt.
Il giovane Silente, incarnato in modo convincente da Jude Law, viene imbrigliato in poche scene in attesa di quello che si prefigura come il duello culminante all’interno di una guerra fratricida che si svilupperà nei prossimi episodi. Con qualche flashback se ne mostra il legame di sangue con l’ex amico e il conseguente ostacolo che gli impedisce di intervenire in prima persona contro di lui, preferendo delegare Scamander. 
È il villain di Depp, dunque, a dominare il film, aleggiando su tutti anche quando non è presente e senza mai commettere uno dei crimini suggeriti dal titolo, ma persuadendo e ammaliando gli altri ad agire in sua vece, mai puntando lui direttamente la bacchetta contro qualcuno come sovente faceva, invece, il sanguinario Voldemort. Il suo incantesimo più potente è l’arte della parola, la capacità di insinuarsi nella testa di coloro che considera suoi strumenti. 
Nel caratterizzarlo Rowling sembra attingere ai grandi dittatori e politici del passato e presente: si finge alla pari dei suoi seguaci e con discorsi populisti li incita alla guerra; 
li chiama “fratelli e sorelle”, invitandoli a prendere il posto che gli è dovuto e a uscire dall’ombra per reclamare quella superiorità che spetta loro per nascita. Nella conclusione, poi, gli regala il perfetto monologo da aspirante dittatore, che condurrà diversi maghi a passare al Lato oscuro della Forza. E che fa prorompere uno dei must della scrittrice britannica: l’ossessione dell’Oscuro Signore di turno per la purezza del sangue e l’odio nei confronti dei babbani.
Oltre a questo tema che riflette il forte interesse per l’attualità dell’autrice, il secondo episodio della saga spin-off di Harry Potter è soprattutto un film sulla ricerca della propria identità. Newt, Leta, Credence, Yusuf Kama, Nagini e l’insospettabile Queenie sono ossessionati dalla ricerca di un luogo di appartenenza e in conflitto con i legami famigliari di sangue. 
La sceneggiatrice, come sempre, eccelle nel mettere in piedi un collage di personaggi pieni di sfumature, legati tra loro da dinamiche complesse, all’interno di una storia in bilico tra spy story e racconto di formazione, muovendosi nell’anno di grazia 1927 tra New York, una splendida ricostruzione della Parigi dell’epoca (con tanto di suggestivo cimitero Pere Lachaise), Londra e Hogwarts, più volte rievocata con precisi rimandi ai precedenti film.
Quanto alle creature fantastiche del bestiario magico che danno il titolo a tutta la saga, esse trovano il loro giusto spazio (diverse le new entry), offrendo il loro piccolo contributo al dipanarsi dell’intreccio, riuscendo anche in imprese impossibili all’essere umano. 
Come già avvenuto anche in passato, è la regia di David Yates a non riuscire a rendere giustizia alle architetture messe in piedi dalla scrittrice britannica con ingegno e logica ferrea, rendendo la trama non facilmente intellegibile e interpretabile ai fini degli sviluppi futuri.

Animali fantastici 2 è il tipico episodio intermedio che serve soprattutto a gettare nel terreno i semi che dovranno crescere nei futuri capitoli. Se qui a rubare tutta la scena è il cattivo, ci aspettiamo che nel prossimo capitolo Silente prepari la controffensiva all’esercito del Male radunato dal rivale; ovviamente, ci ha fatto morire dalla voglia di scoprire come si svilupperà il destino di Nagini; se Queenie e Credence saranno soddisfatti della propria scelta; e soprattutto se Redmayne tornerà ad avere un ruolo più cruciale o verrà schiacciato dagli altri due decani del cinema. To be continued

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