Premessa: Annientamento è da ieri disponibile su Netflix. Si tratta di un film di fantascienza incentrato sulla spedizione di quattro scienziate e una militare in un territorio contaminato da una minaccia ambientale di origine aliena, che muta le forme di flora e fauna e agisce anche sugli esseri umani. Una di loro è la moglie di un altro soldato che ha partecipato alla spedizione precedente ed è tornato malato e incapace di esprimere emozioni. Vuole sapere cos’è accaduto al marito.
Quanto segue, più che una recensione, è un racconto, che contiene spoiler tanto sul film quanto sul libro. Lettore avvisato…
È con questa premessa che esordisce il nostro direttore, Giorgio Viaro, nel post sul suo blog personale dedicato ad Annientamento, in cui recensisce il film di Alex Garland (Ex Machina), con protagonista Natalie Portman. Qui il testo completo del post
«Ieri sera ho visto finalmente il film e stamattina ho provato a scrivere una recensione, senza convinzione. Credo che esprimere un parere di una qualche utilità per uno spettatore che affronta il film senza saperne nulla sia fuori dalla mia portata. Dodici ore dopo non so ancora se mi sia piaciuto. I libri (amatissimo il primo, molto meno gli atri), la set visit, le chiacchiere con chi l’ha finanziato, l’insofferenza spesa a priori per le modifiche al racconto, l’attesa per l’uscita in sala, la scoperta improvvisa della sua destinazione su Netflix e quindi l’impossibilità di vederlo su grande schermo… Come posso essere affidabile?
Metto in fila alcune considerazioni.
1) Il senso generale del libro è rispettato dal film. Sulla Terra esplode un “tumore vegetale” di origine sconosciuta. Non esiste alcuna forza maligna, ma solo una modifica dell’equilibrio della natura, che sconvolge il destino delle creature del pianeta e tutti i rapporti di forza. L’idea è bellissima, e resiste: raccontare la malattia (ma anche l’invecchiamento) come una mutazione naturale dell’organismo, che non merita paura né comporta opposizione.
2) Ogni riduzione è un impoverimento, e questo in particolare per me è molto doloroso. Il libro inizia già dentro l’Area X con la discesa nella Torre – Torre che si trova molto lontano dal faro, e non sotto di esso. Dall’Area X VanderMeer non esce praticamente mai, rifiutandosi di dare coordinate, anzi facendo il possibile per eliminare le poche che potrebbe offrire. Le protagoniste della spedizione ad esempio non hanno nome, ma solo cariche scientifiche: l’antropologa, la biologa, la psicologa, la topografa, il medico. Nel film non c’è inoltre traccia della creatura – quella di cui parlavo sopra – che incide nella pareti vive del pozzo una macabra filastrocca senza senso. Il finale, esplosivo e consolatorio, per me è imperdonabile: mette un punto, ipotizza una guarigione, quando tutto il discorso di VanderMeer riguarda invece l’infinito e inesorabile cambiamento, e la sua accettazione, che è poi il titolo del romanzo finale della trilogia. Si perde infine il doppio significato del titolo: nel libro la psicologa opera una forma di ipnosi sulle compagne e adopera parole chiave per controllarle: “annientamento” è quella che le induce al suicidio. […] ».
Oltre alle considerazioni su film, in seguito alla visione, il direttore di Best Movie ha raccontato diversi dettagli dal set, visitato circa due anni fa, di cui potete leggere qui sotto un assaggio
«Giugno 2016: un minivan si fa strada nella campagna inglese. Siamo usciti dal centro di Londra da meno di un’ora e abbiamo da poco lasciato l’autostrada, infilando una stradina larga a stento da far passare l’auto. Un po’ alla volta la vegetazione si alza, nascondendo il profilo di una scuola privata, fallita e abbandonata da quasi dieci anni. Le pareti di mattoni – la mensa, la palestra, le aule -, attaccate dai rampicanti, nascondono corridoi abitati un tempo da professori e rappresentanti, e ora da una fauna incerta e spaventata. Qui si sta girando Annientamento, il film di Alex Garland tratto dal primo romanzo della trilogia dell’Area X di Jeff VanderMeer, che ho finito di leggere la settimana prima. In Italia è edita da Einaudi con delle suggestive copertine disegnate da Lorenzo Ceccotti […]».
Qui trovate la versione integrale del post
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