Nonostante il successo straordinario al botteghino, la saga di Avatar di James Cameron è spesso stata criticata per la sua narrazione semplicistica e la divisione netta tra bene e male. Con l’uscita del terzo capitolo “Fire and Ash” prevista per dicembre 2025, il regista ha promesso un cambiamento significativo, introducendo maggiore complessità nei personaggi e nella trama. Questo nuovo approccio potrebbe finalmente rispondere alla più grande critica mossa alla saga: la sua eccessiva linearità morale.
Nei primi due film, il conflitto tra gli umani e i Na’vi è stato presentato in termini netti: gli umani come invasori avidi e distruttivi, i Na’vi come popolazione indigena spiritualmente superiore e in armonia con la natura. Questo schema narrativo, seppur efficace nel primo capitolo, è stato percepito come ripetitivo nel sequel, La via dell’acqua. Con Avatar 3, Cameron vuole superare questa visione dicotomica introducendo una nuova tribù di Na’vi, nota come “Il popolo di cenere”. A differenza delle precedenti popolazioni indigene viste nei film, questa nuova tribù sarà rappresentata in modo più ambiguo, con alcuni membri che collaborano persino con gli umani della RDA.
James Cameron stesso ha dichiarato di voler andare oltre la visione manichea della saga: «Dobbiamo evolverci oltre il paradigma ‘tutti gli umani sono cattivi, tutti i Na’vi sono buoni’». Questo cambiamento potrebbe finalmente conferire alla saga quella profondità narrativa che finora è mancata.
Se c’è un aspetto su cui i film di Avatar hanno sempre brillato, è senza dubbio la qualità degli effetti visivi. Sin dal primo capitolo del 2009, la saga ha impressionato il pubblico con un uso innovativo della CGI e della tecnologia 3D. Tuttavia, molti critici hanno evidenziato come questa enfasi sugli effetti speciali abbia messo in secondo piano la profondità della narrazione. Le trame dei primi due film sono state spesso paragonate a quelle di Pocahontas o FernGully, con poco sviluppo in termini di tematiche più complesse.
Inoltre, il racconto si è basato su tropi già visti nel cinema, come quello del “salvatore bianco” impersonato da Jake Sully. Se Avatar si propone come una saga che affronta temi attuali come il colonialismo e la distruzione ambientale, è essenziale che lo faccia con maggiore profondità e senza cadere in una rappresentazione semplicistica dei conflitti.
Negli ultimi anni, un’altra saga di fantascienza ha dimostrato come sia possibile combinare grandi effetti visivi con una narrazione ricca e sfaccettata: Dune di Denis Villeneuve. Soprattutto con la seconda parte, uscita al cinema nel 2024, la saga ha consolidato il proprio successo grazie a una trama che esplora con maturità le dinamiche di potere, l’imperialismo e la manipolazione religiosa. I Fremen, popolazione indigena del pianeta Arrakis, non sono dipinti come un semplice popolo virtuoso, ma mostrano una gamma di motivazioni e contraddizioni che li rendono più realistici.
L’inserimento di personaggi moralmente ambigui e la volontà di superare la dicotomia tra bene e male sono passi nella giusta direzione per la saga di Cameron. Tuttavia, resta da vedere se questi cambiamenti saranno sufficienti a convincere chi ha sempre criticato la saga per la sua superficialità narrativa. Di certo, con il quinto e ultimo film previsto per il 2031, Cameron ha ancora tempo per approfondire ulteriormente il suo universo e renderlo più sfaccettato.
Se Avatar 3 riuscirà a dare maggiore complessità alla storia senza sacrificare il suo impatto visivo, potrebbe finalmente rispondere alla critica più grande mossa alla saga e consolidare il suo posto non solo come successo commerciale, ma anche come opera fantascientifica di grande valore.
Fonte: Empire
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