Tra goliardia e appelli all’impegno pubblico, il cast e i registi del film Ave, Cesare! , fratelli Coen conquistano la stampa all’incontro con i giornalisti in apertura del Festival di Berlino.
«È già il quarto film che faccio con i Coen. Ogni volta mi mandano uno script dicendomi che hanno scritto il personaggio pensando a me e ogni volta è un tipo sempre più stupido e ottuso… non so che pensare» dichiara con grande autoironia George Clooney dettando il tono all’incontro con la stampa che segue la proiezione dell’ultimo film dei fratelli Coen. Scherza con i giornalisti rispondendo come farebbe Baird Whitlock, star dei sandaloni rapita da un gruppo di sceneggiatori comunisti che interpreta nel film, fa domande scorrette ai colleghi e ai giornalisti, senza sottrarsi mai al gioco. Clooney è così e ruba la scena a tutti, compreso il protagonista, il povero Josh Brolin, che però la prende con filosofia e ringrazia dell’opportunità di recitare un ruolo per lui abbastanza inedito.
I fratelli Coen, da parte loro, chiariscono a più riprese che il loro pirotecnico omaggio al cinema hollywoodiano anni ’50 è più che un’operazione nostalgia l’espressione della loro ammirazione per quella che a loro avviso era «una macchina perfettamente organizzata per produrre un certo tipo di film. Non è il nostro cinema, non è quello che facciamo noi, ma di certo un sistema perfettamente efficiente e per questo anche interessante da raccontare»
Non manca un momento di nervosismo quando Clooney viene incalzato circa il suo personale impegno nelle questioni legate all’emergenza rifugiati, che per la Germania è certo una ferita aperta. L’attore, che domani incontrerà anche Angela Merkel per parlare di questioni umanitarie, aveva già dichiarato il suo interesse per questioni in cui si è abbondantemente speso che negli anni passati (vedi il Darfour) ha sottolineato, con diplomazia, la difficoltà del mondo del cinema a raccontare queste storie a caldo senza rischiare il cliché. E a di fronte a chi lo incalza pretendendo dalle “figure pubbliche” una pubblica presa di posizione ribatte, senza cattiveria ma con decisione: «E lei cosa fa personalmente? ». A Clooney, di cui si conosce l’impegno su molte questioni scottanti, evidentemente non piace chi parla e non fa. Un momento si tensione e poi torna al sorriso: lui più di tutta dimostra di sapere che la missione di Hollywood è , come dice lui stesso un attimo più tardi «reagire a ciò che accade piuttosto che guidare i movimenti di opinione ».
Gli fanno eco i Coen che difendono l’autonomia e la libertà del processo creativo e rifiutano i provocatori accostamenti tra la loro messa in scena della caccia alle streghe degli anni ’50 con la possibile elezione di Donald Trup alla presidenza degli Stati Uniti. « due fenomeni entrambi strani, ma in cui non vedo collegamenti o possibili comparazioni» conclude Ethan Coen salutando la platea dei giornalisti a cui la delegazione ha offerto uno spettacolo degno del film che era venuta a presentare.
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