Bad Boys: Ride or Die, tutto quello che dovete sapere sul nuovo film della saga
telegram

Bad Boys: Ride or Die, tutto quello che dovete sapere sul nuovo film della saga

I "ragazzacci" del cinema d’azione sono pronti a tornare. Nel quarto capitolo, in anteprima al Best Movie Comics and Games, Will Smith e Martin Lawrence riprendono i ruoli che hanno segnato la loro carriera

Bad Boys: Ride or Die, tutto quello che dovete sapere sul nuovo film della saga

I "ragazzacci" del cinema d’azione sono pronti a tornare. Nel quarto capitolo, in anteprima al Best Movie Comics and Games, Will Smith e Martin Lawrence riprendono i ruoli che hanno segnato la loro carriera

bad boys ride or die

Se per richiamare alla memoria i Ghostbusters basta dire le parole “Who you gonna call?”, per fare altrettanto con i detective più cool del cinema basterà dire “Whatcha gonna do?”. Le prime strofe dell’omonimo brano degli Inner Circle sono indissolubilmente legate al franchise action con protagonisti Will Smith e Martin Lawrence, quel Bad Boys che ha segnato un pezzo di storia del cinema action a cavallo tra gli anni ‘90 e 2000. Dopo il threequel uscito nel 2020, Mike Lowrey e Marcus Burnett sono pronti a fare il loro esplosivo ritorno nel quarto capitolo dal titolo Bad Boys: Ride or Die, in arrivo nelle sale tra pochi giorni con Sony Pictures Italia e in anteprima al Best Movie Comics and Games in programma l’8 e 9 giugno a Milano – QUI tutti i dettagli per i biglietti.

Anche questa volta il film sarà diretto da Adil El Arbi e Bilall Fallah, duo di registi e sceneggiatori belgi che sono chiamati a fare di nuovo loro la lezione di Michael Bay, il cineasta che con Bad Boys ha fatto sprofondare il mondo nel Bayhem. Tutto inizia nel lontano 1995, quando i produttori Don Simpson e Jerry Bruckheimer decidono di affidare l’idea di un buddy cop movie con protagonisti due comici nelle mani di un ancora pressoché sconosciuto Michael Bay, regista che si stava facendo conoscere per lo stile che improntava alle sue pubblicità e video musicali. Metà del successo del franchise di Bad Boys è da imputare a questa scelta, l’altra metà a quella di ingaggiare come protagonisti (seppur come seconde o terze scelte) la star di Willy, il principe di Bel-Air e l’attore della sitcom Martin; per i ruoli di Mike Lowrey e Marcus Burnett i produttori avevano inizialmente pensato ai comici Dana Carvey e Jon Lovitz, poi si è passati alla suggestione Arsenio Hall (che ha rifiutato, pentendosene amaramente) e infine si è arrivati alla coppia diventata in seguito tra le più iconiche della storia. La prima scena di Bad Boys, girata dopo i primi test screening, era già un manifesto perfetto della loro ironia fatta di continui botta e risposta e di un livello di coolness sempre sopra le righe, ma è servita anche a presentare al mondo uno stile visivo che da quel momento in poi sarebbe esploso (termine non casuale) travolgendo il cinema d’azione. Era l’inizio del Bayhem, di quell’universo visivo fatto di continue inquadrature epiche, montaggio frenetico e tante, tantissime esplosioni.

Bad Boys: dove eravamo rimasti?

La storia, invece, era molto semplice: gli amici di lunga data Mike Lowrey e Marcus Burnett sono investigatori della polizia di Miami che indagano su 100 milioni di dollari di eroina sequestrata alla mafia e che si ritrovano invischiati in un’indagine che coinvolge un ex poliziotto corrotto e un boss francese senza scrupoli. Il primo Bad Boys non si è preoccupato di stravolgere l’archetipo narrativo dei buddy cop movie che negli anni ‘90 aveva già fatto le fortune di film come Cane randagio di Akira Kurosawa (considerato un precursore del genere), Il braccio violento della legge o Arma Letale, ma piuttosto di cambiarne i connotati visivi e soprattutto integrare l’azione sfrenata ad una generosa dose di improvvisazione comica affidata interamente a due attori che provenivano da quel mondo.

Il film è stato un successo al botteghino, ha lanciato la carriera di Michael Bay e della coppia di protagonisti e nel 2003 si è ripresentato sul grande schermo con un sequel che non ha cambiato di una virgola la formula base: in Bad Boys II, Mike e Marcus se la sono dovuta vedere di nuovo con gangster russi e narcotrafficanti cubani, con un finale alla Scarface (l’assalto alla villa dei cattivo interpretato da Jordi Mollà) e il consueto mix di esplosioni e battute testosteroniche. Nel frattempo, in parallelo continuavano ad essere sviluppate le vicende familiari dei due protagonisti, che diventano ancora più centrali nel terzo capitolo rimandato per anni e arrivato in sala a inizio 2020 – riuscendo ad incassare circa 400 milioni di dollari prima delle chiusure per la pandemia da Covid-19. In Bad Boys for Life, l’età inizia a farsi sentire sia per Marcus che per Mike, che deve anche fare i conti con la scoperta che l’assassino che gli sta dando la caccia altri non è che suo figlio. Il tema del ricambio generazionale è molto forte nel terzo capitolo, ma neppure l’agognata pensione raggiunta da Marcus può tenere la coppia lontana dai problemi.

La trama di Bad Boys: Ride or Die

È questa la premessa di Bad Boys: Ride or Die, film che riallaccia i nodi col passato: il defunto Capitano Conrad Howard (Joe Pantoliano) dopo la morte viene accusato di essere stato coinvolto nel traffico di droga del cartello e, con un video registrato prima del trapasso, chiede ai suoi vecchi detective di indagare per ripulire il suo nome. Peccato che loro stessi, dopo un’imboscata, vengano considerati fuggitivi e debbano quindi agire nell’ombra e lontano dalla legge per risolvere il caso e salvarsi la pelle. Ad aiutarli ci pensano gli stessi membri della squadra messa insieme in Bad Boys for Life. Oltre all’esperta d’armi Kelly (Vanessa Hudgens), il tech-guy Dorn (Alexander Ludwig) e alla leader della squadra AMMO nonché ex fidanzata di Mike Rita Secada (Paola Núñez), è della partita anche il figlio ritrovato interpretato da Jacob Scipio, finito in carcere dopo gli eventi raccontati nel terzo film, ma coinvolto dallo stesso padre in una missione segreta per conto della polizia di Miami.

Sembra quindi che, fatto salvo per i consueti siparietti tra i due protagonisti (uscire da situazioni pericolose battibeccando come una vecchia coppia è il loro trademark) ci sarà ben poco da ridere e anzi saranno ancora più centrali alcuni temi che negli anni hanno contribuito a cambiare i connotati dei personaggi, sempre meno machi e votati invece ad una dimensione placidamente familiare. Quando li abbiamo conosciuti, nel 1995, Mike e Marcus erano giovani figli del loro tempo e anche il taglio comico rifletteva un certo modo mascolino dell’epoca di fare comicità. Tra un’esplosione e l’altra, non mancavano infatti battute sessiste e un linguaggio decisamente “colorito”. Per capire che le cose sono cambiate e che persino i bad boys si sono adeguati (il più possibile) ai tempi che corrono basta paragonare la prima scena del film del 1995 con quella del threequel del 2020: nella celebre sequenza di presentazione, Mike viene distratto da una bellissima donna fatta sfilare di fronte alla sua splendida Porsche 911 Turbo, mentre nel più recente capitolo i due sono sempre a bordo di un’auto di lusso ma diretti in ospedale per la nascita del nipotino di Marcus Barnett.

Il grande ritorno di Mike Lowrey e Marcus Burnett

Lo scorrere del tempo non ha lasciato indifferenti neppure due icone cool come loro, insomma. Nonostante la lunga amicizia, sin dal primo film i due hanno dato idea di volere cose molto diverse dalla vita: Mike ha sempre cercato l’azione, lanciandosi a testa bassa nelle situazioni più pericolose, mentre Marcus puntava soprattutto salvarsi la pelle per tornare a casa dalla famiglia. Due universi separati che hanno iniziato a toccarsi quando, in Bad Boys II, Mike ha nascosto una relazione in corso con la sorella di Marcus, Sydney (Gabrielle Union). Ancor più che la prospettiva di una relazione stabile, a cambiare forse per sempre l’atteggiamento del fustaccione Mike Lowrey è stata la morte sfiorata in Bad Boys for Life, quando durante i festeggiamenti per la nascita del nipote di Marcus l’agente è stato gravemente ferito dal figlio Armando. Se l’avanzare dell’età non ha intaccato la volontà di Mike di rispondere sempre presente alla chiamata all’azione, la dimostrazione quasi fatale di non essere immortale lo ha invece spinto a fare profonde riflessioni sul futuro. Va letto probabilmente in questo senso il tentativo di avvicinarsi al figlio portato avanti alla fine del threequel: il rapporto tra i due verrà ulteriormente esplorato anche nel nuovo film e non è da escludere che sia la volta buona in cui anche l’irreprensibile Mike Lowrey deciderà di appendere la fondina al chiodo e passare ad imprese meno mortalmente pericolose.

Bad Boys non è l’unico franchise del passato e presente ad aver iniziato a riflettere su questi temi. Ethan Hunt ha dovuto ammettere di stare perdendo colpi già ai tempi di Mission: Impossible – Protocollo fantasma (quarto capitolo uscito nel 2011) e solo la tempra disumana di Tom Cruise ha evitato una fine anticipata della saga. Parimenti, anche i protagonisti di Fast & Furious sono diventati col tempo meno veloci e furiosi (ma non estremi) e invece più concentrati sui valori della familia che tanto sta a cuore a Dominic Toretto. L’evoluzione di Mike Lowrey e, in maniera più spontanea quella di Marcus Burnett, è la stessa che ha portato anche un’icona di stile e machismo come James Bond a farsi aiutare da altri nelle sue missioni e a contemplare verso la fine un ritiro dalle scene e un quadretto familiare nel suo futuro.

Bad Boys: Ride or Die arriva al cinema dal 13 giugno 2024.

© RIPRODUZIONE RISERVATA